Tornano le file in Consolato

CARACAS –  Rapine, sequestri e assassinii. Il Venezuela, purtroppo già da troppi anni, non è più quel Paese bucolico che permetteva lunghe passeggiate al chiaro di luna. Tante, troppe cose sono cambiate.  E chi è costretto oggi a rincasare all’imbrunire lo fa non senza timore e con una buona dose di preoccupazione. Figuriamoci poi se le circostanze lo obbligano a dover fare la fila di fronte ad un ufficio pubblico in strada e fin dalle prime ore del mattino. E solo per ottenere  un numero per una pratica burocratica. Ebbene, è questo quanto sta accadendo da qualche settimana presso il nostro Consolato.


Pareva che l’annoso problema delle file in Consolato, il “karma” dei connazionali, fosse stato risolto con la trovata degli appuntamenti. E invece… Da un po’ di tempo a questa parte stiamo punto e da capo. In altre parole, gli appuntamenti, che pure creavano lunghe e snervanti attese, sono stati eliminati e le file sono riapparse come per magia.


Thermos con caffelatte, maglioni, un pizzico di coraggio e tanta pazienza. Non è più un caso passare di fronte al nostro Consolado, in piena notte, e vedere la fila di connazionali in attesa dell’apertura degli uffici. Un numero, e la certezza di finire tra i primi ad essere ricevuti, pare che ben valga il sacrificio di una notta “in bianco” sfidando i pericoli di una città sempre più violenta.


Anche noi ci siamo recati al nostro Consolato prima che le luci dell’alba facessero capolino e svegliassero questa metropoli caotica, dal ritmo frenetico. Ovviamente, non lo abbiamo fatto all’una o alle due del mattino, come tanti connazionali, ma prima che l’orologio scoccasse le cinque. A quell’ora, le strade de “La Castellana” sono buie, nere come la pece e deserte, abbandonate. Non un’anima viva; neanche un cane. Nulla e nessuno. Solo davanti al nostro Consolato c’è vita. E’ un drappello di connazionali che discute animatamente. Appena ci scorge si fa il silenzio ed una voce gentile ma autoritaria ci dice:


– Lei viene dopo il signore. E’ l’ultimo della fila.


Buono a sapersi, anche se fortunatamente a noi poco importa. Spieghiamo velocemente la ragione della nostra presenza. Disagio e diffidenza. Lo si legge negli occhi dei presenti. Ma durano solo pochi minuti; fino a quando, cioé, Fermín Fernández rompe il ghiaccio:


– Prima, in Consolato, funzionava il meccanismo degli appuntamenti – spiega -. Ora non più. L’ufficio Passaporti dà solo pochi numeri: sette, otto, dieci al massimo. Così chi ha bisogno del documento, o del suo rinnovo, deve necessariamente esporsi a un sacrificio, alzarsi presto al mattino e fare la fila. Prima vieni e meglio è. Io sto qui dalle 4:30 del mattino ma c’è chi è arrivato alle due.


Poi sottolinea:


– Sono già venuto una volta; ma in quella occasione sbagliai fila.


Dal canto suo Leonardo Rodríguez ci dice:


– Sono qui dalle 2:30 circa. Sono stato tra i primi. Certo, col buio e la solitudine, fa un po’ di paura stare qui. Fortunatamente la Polizia in auto passa spesso. E questo ci rassicura un po’.


– Ma perché venire così presto? Ha urgenza del passaporto ?


– No, in realtà no – risponde -. Penso di viaggiare a dicembre e così ho deciso di rinnovare il documento.


Seduto con accanto un bimbo dallo sguardo stanco, ma non per questo meno birichino,  c’è Edgar Gómez.


– Sono venuto prestissimo – afferma -. Ma anche così ho trovato gente. Mi ha voluto accompagnare tutta la famiglia: mio figlio, mia moglie, mia sorella e mia madre.


Maria Russo è giunta poco dopo noi. Ci spiega:


– In realtà non dovrei stare qui a quest’ora. Ho l’appuntamento. Sarei potuta venire, quindi, anche più tardi. Ma, vede, alle 10 del mattino ho un impegno urgente di lavoro che non sono riuscita a rimandare. Così ho deciso di fare un sacrificio e venire presto, il più presto possibile. Spero di  espletare tutti i tramiti prima delle dieci. Anche mio marito ha ottenuto l’appuntamento. Ma per lui le pratiche burocratiche sono evidentemente molto più complicate. Pensi, ha l’appuntamento per il 2012.


A un angolino, poco distante da noi, in silenzio e raggomitolata nelle braccia del marito, troviamo Clara De Leo. Superato il primo momento di imbarazzo e diffidenza ci dice:


– Stiamo qui dalle quattro del mattino. Non è la prima volta che veniamo inutilmente. Speriamo di non tornare nuovamente  a casa con le mani vuote.


– E già – commenta il marito -, speriamo proprio… Siamo venuti la prima volta alle otto e trenta. Non pensavamo che ci fosse tanta gente in fila per il rinnovo del passaporto. Siamo tornati un altro giorno alle sette e trenta. Il risultato ottenuto è stato lo stesso: nulla. Già tutti i numeri erano stati dati. Abbiamo ripetuto il tentativo un altro giorno, questa volta alle sei e trenta. Ma va’… tutto inutile. Vedremo ora che siamo venuti alle quattro cosa ci diranno. Speriamo bene e non essere obbligati a tornare a fare la fila più presto un altro giorno.


Con le prime luci dell’alba la fila dei connazionali cresce. E’ ormai folta e lunga. Si snoda lungo il marciapiede con tanta pazienza. Vi è gente di tutte le età. Dall’anziano, pioniere della nostra emigrazione, al giovane, degno rappresentante di una nuova generazione che si fa strada nel Paese. Per tutti un comune denominatore: il desiderio di non infrangersi contro il muro invisibile ma insormontabile della burocrazia.


 


Una decisione meditata


Se c’è un elemento che associa il capitano d’industria, il direttore di banca ed il funzionario pubblico, questo è la scrivania. Ordinata, pochi fogli e qualche cartella scrupolosamente sistemata in un angolino. Insomma, tutto il contrario di quelle della redazione della Voce, sommerse da ritagli di giornali, vecchie riviste, fotografie, fogli volanti e cartelle aperte e gettate qua e là. Un caos totale nel quale solo lo squillo sommesso tradisce la presenza di un telefono, per tutti invisibile e introvabile, o una tenue luce permette di scoprire la presenza del “mouse” del computer.


La scrivania della Console Mirta Gentile, appunto, assomiglia tanto a quella dei manager o direttori di banca: pochi fogli e alcune cartelle. Tutto in ordine. Poi il computer con lo schermo ultra-moderno, due telefonini, ben visibili e a portata di mano, e, naturalmente, il telefono. Null’altro.


Come sempre assai disponibile, la Console Gentile sottrae qualche minuto al suo lavoro quotidiano per spiegare cosa sta accadendo in questi giorni al Consolato e le ragioni delle file di connazionali fin dalle prime ore del mattino.


– E’ vero – ammette senza indugi – abbiamo eliminato gli appuntamenti. Ora non ne diamo più, anche se continuiamo a smaltire quelli già fissati. Ma – ci tiene a sottolineare – non è stato un nostro capriccio. Ci è stato consigliato e chiesto dagli stessi connazionali, da rappresentanti di associazioni e membri del Comites. Insomma, abbiamo ascoltato più voci prima di prendere la decisione.


Spiega che l’eliminazione degli appuntamenti è stata anche giustificata dalla riduzione delle richieste di passaporti.


– Forse questa flessione nella domanda – prosegue – si deve alla notizia del prossimo arrivo delle macchine per il passaporto biometrico. Insomma, perché far richiesta oggi di un passaporto quando, fra qualche mese, si potrà ottenere quello che permetterà di recarsi agli Stati Uniti senza dover chiedere il permesso di soggiorno nordamericano? Si sa che la Florida, Miami, sono tra i destini preferiti degli italiani del Venezuela. C’è chi ci va per lavoro, chi in vacanza. C’è anche chi ha casa negli Stati Uniti o i figli studiandovi. Comunque sia, sono tanti gli italo-venezolani che si recano in Nordamerica.


L’attesa per le nuove macchine, quelle che permetteranno la scannerizzazione della fotografia e più tardi quelle per i passaporti biometrici, ha sollevato alcune difficoltà per le quali in Consolato già si sta studiando una soluzione. Tra i problemi che si presenteranno sicuramente vi sarà quello di spazio, dato che le macchine in arrivo sono più grandi di quelle già in dotazione, e quello della formazione del personale “ad hoc”.


– Nell’ufficio passaporti – ci informa la Consolec’è già stato un cambiamento. Ed infatti il funzionario precedente, richiamato in Italia per aver concluso il suo periodo di lavoro all’estero, è stato sostituito. E devo dire che c’è, nel nuovo funzionario, tanta disponibilità nel trovare soluzioni ai problemi dei connazionali. Intanto, ha già manifestato la volontà di non rimandare nessuno indietro. Qualora non sia possibile fare il passaporto in giornata, si darà al connazionale un numero per il giorno successivo, così da non dover fare la fila.


La dottoressa Gentile spiega che in realtà il problema non è la stampa del passaporto, che tutt’al più può portare via dieci minuti, ma la verifica e controllo di tutta la documentazione.


– E’ un passaggio obbligato dal quale non possiamo sottrarci – sostiene. – La nuova area che abbiamo creato all’ingresso ha per scopo anche far sì che il connazionale che giunga all’Ufficio Passaporti abbia già passato ogmi verifica dei documenti.


– Resta comunque il problema di cosa fare per evitare che i connazionali facciano ogni giorno file davanti al Consolato con i pericoli che sono propri di una città come Caracas.


– Siamo coscienti del problema – ammette e poi rivolge un invito alla Collettività:

– Posso assicurare che, in Consolato, prenderemo in carico tutte le richieste che perverranno presso l’Ufficio Passoporti, giorno a giorno. Non rimanderemo nessun connazionale a casa. Se la richiesta di passaporto non potrà essere smaltita lo stesso giorno si provvederà ad accordare incontri per i giorni successivi. E’ inutile, quindi, fare la fila alle due o le tre del mattino. Si può anche arrivare in Consolato alle 11 ed ottenere una prenotazione per i giorni successivi. Così, ci sarà chi potrà essere ricevuto subito e chi, invece, lo sarà all’indomani o dopo qualche giorno.