Maracaibo, liberato Carmine D’Amico

MARACAIBO – E’ tornato in libertà Carmine D’Amico, l’imprenditore italovenezolano rapito nello Zulia il 23 gennaio. D’Amico “sta bene”, assicurano i familiari. Alle trattative per la sua liberazione ha partecipato in prima persona il sindaco di Maracaibo, l’italovenezolano Giancarlo Di Martino, a suo tempo compagno di scuola del rapito. In merito all’eventuale pagamento di un riscatto, la famiglia mantiene il massimo riserbo; le autorità di polizia affermano che la sua liberazione è dovuta alla pressione esercitata sui rapitori dalle operazioni della Guardia Nacional nella zona del municipio di Mara, la zona del rapimento. Fatto sta che, sabato sera, D’Amico è stato lasciato solo dai suoi carcerieri. Lui ci ha messo quasi 24 ore prima di capire di essere libero; a quel punto si è tolto di dosso le corde che lo legavano ed è uscito per strada, cercando qualcuno che lo riportasse a casa. “Quando si è trovato libero – ha riferito il commissario José Gonzalez, vicedirettore di Polimaracaibo – D’Amico ha ottenuto un passaggio da un veicolo, ha raggiunto un telefono e ha chiamato i familiari perché lo andassero a prendere”. Angelo D’Amico, il fratello del rapito, ha riferito che le condizioni di salute di Carmine non presentano problemi, “anche se ha perso un po’ di peso”. “Carmine è stato trattato bene – ha aggiunto – e ci ha raccontato che era custodito da diverse persone”. I rapitori, sottolinea Angelo D’Amico, “devono essersi sbagliati di persona, perché noi non siamo ricchi”. Quanto alle indagini, nessuna novità; l’ipotesi più accreditata resta quella della criminalità comune, anche perché D’Amico avrebbe riferito agli inquirenti di non aver avvertito “accenti colombiani” nella parlata dei suoi sequestratori (l’ipotesi Farc, nello Zulia, è sempre sullo sfondo) .


La vicenda è stata seguita con attenzione anche dall’Italia, dove D’Amico ha numerosi familiari. Suo cugino Giancarlo Di Lullo ha dichiarato all’agenzia Ansa: “Carmine sta bene, ora siamo tutti tranquillizzati e soddisfatti per il positivo esito della vicenda. A darmi la buona notizia è stato mio zio, il papà di Carmine, che la scorsa mezzanotte mi ha telefonato dal Venezuela appena saputo della liberazione. Mio zio mi ha persino chiesto scusa per l’ora della telefonata. Non sappiamo ancora, né mio zio era al corrente, dei particolari della conclusione del rapimento. Tutta Civitella Messer Raimondo, non solo i nostri parenti – rimarca Di Lullo – è contenta per la conclusione della vicenda”. Una gioia che condivide anche la comunità italiana di Maracaibo, come riferisce il consigliere del Cgie Michele Coletta: “Siamo stati tutti sollevati” alla notizia della liberazione di un “caro amico” che, tra l’altro, è membro della giunta direttiva della locale Casa d’Italia.


Il viticoltore D’Amico era stato sequestrato a fini estorsivi, alle 11 del mattino del 23 gennaio: quattro uomini armati avevano messo in atto il rapimento nella proprietà della zona di Mara, al confine con la Colombia, dove la famiglia D’Amico produce uva e allevamento di pollame. I rapitori avevano anche legato e imbavagliato alcuni operai della fazenda, quindi caricato D’Amico sul suo fuoristrada Silverado, dandosi poi alla fuga.


Con la liberazione di Carmine D’Amico tornano ad essere quattro i connazionali che mancano all’appello, vittime di sequestri o di “probabili” sequestri. Essi sono  l’allevatore Vito Rocco, rapito a Barinas il 29 novembre; Ornella Ferranti, della quale non si sa più nulla dal 2004; e due italovenezolani di cui, su richiesta delle famiglie, non sono state fornite le generalità. Si è venuti inoltre a sapere che tra sabato e domenica, a Maracay, un minorenne, figlio di un italiano, è stato rapito e rilasciato assieme alla madre. Un sequestro-lampo su cui vige il massimo riserbo di autorità e familiari, che comunque ha visto uscirne illese le due vittime.