Una “nuova stagione” tra Italia e Sudamerica

CARACAS – Una “nuova stagione” nei rapporti tra Italia e America latina: è il principio ispiratore della visita di Donato Di Santo, sottosegretario agli Esteri con delega all’America latina, al subcontinente americano. Il Venezuela, come egli stesso precisa, è il sedicesimo paese del suo tour, che da domenica prosegue con la visita a Panama. Abbiamo incontrato il sottosegretario sabato, in occasione della conferenza stampa tenutasi nella residenza dell’ambasciatore Gerardo Carante. Tra i presenti anche Mario Martinelli, responsabile di El Aragueño e di TVS, i media della famiglia Sindoni.


“L’impegno del governo Prodi, lo scopo di tutte le visite che l’esecutivo sta inviando nel continente – esordisce Di Santo, che risponde alle domande dei giornalisti locali in un castellano inappuntabile – è riallacciare le relazioni dell’Italia con l’America latina, che sono state troppo a lungo trascurate. Io personalmente sono stato in 15 paesi, il Venezuela è il sedicesimo. Il Venezuela lasciato regolarmente fuori dai tour programmati dalla Farnesina? Non è vero, anche l’anno scorso questo paese è stato oggetto di visite di delegazioni parlamentari, sottosegretari del precedente governo, del viceministro Danieli. Se le più alte cariche istituzionali e governative non sono ancora passate per il Venezuela è perché le relazioni di questo paese con l’Italia erano già state efficacemente portate avanti dal precedente governo. Se D’Alema ha scelto di andare in Perù piuttosto che qui è perché, prima di lui, l’ultima visita in quel paese di un esponente del governo italiano risaliva a 39 anni fa, quando l’allora ministro degli Esteri Colombo si recò a Lima. In questo senso, il Venezuela è uno dei punti in cui, tra governo Berlusconi e governo Prodi, c’è una continuità”.


“L’Italia prova verso il Venezuela un’affinità culturale, storica, per non parlare del legame costituito dalla comunità italiana che qui risiede. Siamo profondamente grati ai compatrioti che, dopo la guerra, hanno abbandonato un paese in rovina per trasferirsi in queste terre e sviluppare delle attività che, adesso, contribuiscono a costruire il futuro del Venezuela. Un futuro con il quale l’Italia vuole collaborare”.


 


Interscambio e caso Eni


In merito alle relazioni economiche tra i due paesi, Di Santo in mattinata era stato a visitare la linea ferroviaria Del Tuy-Caracas, inaugurata di recente e costruita da imprese italiane. “Sono rimasto impressionato, è una carta da visita di grandissima qualità che le imprese italiane possono esibire”. Caso Eni: “Lo abbiamo posto esplicitamente. Attualmente è stata avviata una procedura internazionale sulla quale il governo italiano, anche volendo, non può fare nulla. Non ci resta che auspicare aperture da parte del governo venezolano, con il quale saremo ben lieti di collaborare”.


 


La situazione politica in Venezuela


Che impressione ha avuto della situazione politica del paese?


“Ho incontrato rappresentanti del governo (“amichevolissimo”, ricorda l’ambasciatore, l’incontro col vicepresidente Rodríguez – ndr), viceministri, deputati, rappresentanti dell’opposizione tra i quali Teodoro Petkoff, l’alcalde di Chacao Leopoldo Lopez, esponenti del partito Copei. L’impressione è che la politica venezolana sia in evoluzione, e che siano in atto iniziative importanti per aggredire i problemi più gravi del paese, come miseria e delinquenza. La visita di oggi a Charallave (alla ferrovia, ndr) mi ha dato la sensazione precisa di questo impegno, e mi fa piacere che esso sia portato avanti anche grazie alla collaborazione italiana. Può non piacere l’accentramento dei poteri insito nella Ley Habilitante, non riesco a comprendere il ricorso a questo strumento quando il Parlamento è al 100% per Chavez. Però va anche detto che se al Parlamento manca l’opposizione è per la scelta, anche questa incomprensibile, dei partiti antichavisti di disertare le politiche del 4 dicembre ’05. E non si può ignorare il fatto che le misure legislative prese dal governo sono state assunte da un esecutivo democraticamente eletto dal popolo venezolano, e rientrano nella Costituzione del paese. Quanto alle intenzioni dell’Italia, è fuori luogo pensare che il nostro rivolgerci all’America latina sia dettato da simpatia politica, la simpatia di un governo di sinistra che guarda con favore alla svolta a sinistra del continente. Quello che ci spinge qui è un bagaglio comune di valori, cultura, economia che vogliamo valorizzare rivolgendoci ai rappresentanti scelti democraticamente da questi popoli, siano essi di destra o di sinistra. Se non ci comportassimo così, del resto, staremmo portando avanti una politica di respiro assai breve: in tempi recenti l’America latina ha visto cadere ben 14 presidenti prima del loro mandato, vittime di referendum o crisi politiche ma mai di un golpe. Questa è la cosa importante: mai più un golpe, da qualsiasi parte venga. La storia l’ha dimostrato, soprattutto quella dell’America latina: un golpe non risolve niente, ha il solo risultato di peggiorare le cose”.


Lei ha incontrato i rappresentanti della comunità italiana, cosa risponde alle loro preoccupazioni?


“Queste preoccupazioni, ultimamente, sono un po’ scemate. Lo abbiamo constatato anche alla Camera di commercio italo-venezolana: gli imprenditori italovenezolani non hanno avanzato richieste specifiche, hanno piuttosto ribadito un generico appello affinché il governo italiano sia loro vicino. E questo accade, accade ora col governo Prodi, accadeva prima col governo Berlusconi. Ho avuto un incontro serio, deciso con l’alcalde Barreto sul tema delle espropriazioni, lui ci ha dato una risposta molto seria e positiva, ha preso l’impegno di ricevere i proprietari e risolvere presto il problema”.


 


La questione espropri


La parola passa all’ambasciatore Carante, che conosce tutti i risvolti della questione:


“A Caracas sono stati espropriati cinque edifici di proprietà italiana, cinque grandi torri. I decreti d’espropriazione sono arrivati 3-4 mesi fa, il motivo: dare alloggio ai senzatetto. La situazione attuale è che l’accordo tra alcaldia e proprietari è stato raggiunto, vale a dire che è stato quantificato il risarcimento. Il problema è che l’alcaldia, al momento, non ha abbastanza soldi, e il pagamento non è stato effettuato. Il risultato è che quelle cinque torri non producono entrate ai proprietari – gli affitti sono bloccati, e nessuno acquista un immobile oggetto di decreto d’espropriazione – i quali devono però continuare a sostenere le spese d’esercizio di quelle proprietà. Si tratta di costi elevati”.


C’è poi il problema delle nazionalizzazioni: c’è preoccupazione tra gli investitori italiani?


“Gli investitori sono sempre preoccupati, è il loro mestiere – risponde Di Santo. – Queste preoccupazioni si sono un po’ ridotte, perché la realtà è che gli affari continuano a farsi, le attività continuano a svilupparsi. Lo dimostra la visita di questa mattina al Ferrocarril”.


 


Sicurezza


A che punto siamo con l’accordo in materia di sicurezza annunciato dal ministro Danieli?


Risponde l’ambasciatore Carante: “Il governo venezolano si dice molto felice di inviare in Italia i venti agenti che, secondo l’accordo, devono addestrarsi nel nostro paese in tecniche antisequestro. C’è stato un ritardo dovuto alla richiesta del Ministerio de Interior y Justicia affinché si siglasse un ‘accordo di cooperazione’ tramite il quale si aprisse la possibilità di ottenere fondi, tutto sarà risolto nei prossimi giorni”.


Resta invece difficile prevedere quando sarà varata la nuova legge antisequestri, costruita anche sulle indicazioni fornite dagli esperti italiani. Il problema, spiega l’ambasciatore, è che questa legge, che ormai è già stata scritta e approvata in via preliminare, è ferma all’ultimo passo dell’iter parlamentare perché non è chiaro, neanche ai legislatori venezolani, chi la debba licenziare, se la Asamblea Nacional o piuttosto il presidente, rientrando il provvedimento nei temi contemplati dalla Ley Habilitante. Ricordiamo che la legge antisequestro in questione introduce, relativamente al Venezuela, le seguenti novità, che ricalcano quanto già fatto in Italia: blocco dei beni, forte inasprimento delle pene, istituzione di una procura nazionale antisequestro e di un corpo di polizia nazionale antisequestro che razionalizzi l’azione antidelittiva finora lasciata a operazioni tra loro indipendenti di una congerie di corpi di polizia, dalla GN al CICPC, dalle polizie cittadine a quelle regionali, dalla DISIP all’esercito.


 


Parità scolastica 


Non è stato possibile, spiega sempre l’ambasciatore, firmare l’accordo sulla parità scolastica, che pure era stato redatto e proposto dal precedente ministro dell’Istruzione. I nuovi responsabili del ministero non hanno sollevato obiezioni, però hanno chiesto tempo per rendersi edotti della cosa. “In sostanza, ci hanno detto: non dubitiamo della bontà del lavoro dei nostri predecessori, ma non possiamo assumerci la responsabilità di quel che non conosciamo”.


 


Giustizia


Tra Italia e Venezuela non c’è estradizione: l’argomento è stato trattato, o almeno è tra quelli in agenda tra i due paesi?


Risponde ancora l’ambasciatore: “No, non è stato trattato durante questa visita né è stato mai sollevato in Italia. Va detto che, su questo tema, non abbiamo mai ricevuto pressioni o lamentele dal ministero della Giustizia di Roma: i magistrati venezolani sono sempre stati collaborativi. Il problema, casomai, è che il Venezuela non aveva sottoscritto il trattato di Strasburgo, secondo cui un cittadino arrestato in territorio straniero può scontare in patria la pena che gli viene inflitta all’estero. Quando sono arrivato, c’erano 72 italiani incarcerati in Venezuela. Chiamai il presidente Chávez e lui risolse la cosa. Adesso gli italiani nelle carceri venezolane sono 32, si tenga presente che alcuni di loro preferiscono restare qui piuttosto che appellarsi a Strasburgo perché in Italia li aspettano altre condanne oltre a quella comminata in Venezuela. In genere, un italiano che venga arrestato e processato in Venezuela passa qui 2-3 anni, fino alla condanna definitiva, dopo di che viene estradato in Italia dove termina di scontare la pena”.


 


Chiudiamo con l’auspicio che Martinelli rivolge al sottosegretario Di Santo: “Ci auguriamo che il canciller (il ministro degli Esteri, ndr) venga in visita anche qui”. Di Santo sorride e promette: “Voy a transmitirlo”. Come poi, di buon grado, accoglie l’invito dell’ambasciatore di impegnarsi a tornare in Venezuela: “Volentieri”, risponde; poi chiosa, con evidente riferimento alle vicende parlamentari italiane: “Sempre che gli eletti all’estero non decidano altrimenti”.