Romano Prodi da lunedì in Sud America

(di Maurizio Salvi) (ANSA) – BUENOS AIRES – Un America latina in continua crescita e un processo di integrazione regionale che progredisce, pur con problemi strategici importanti, sono i due fattori con cui si confronterà il presidente del Consiglio Romano Prodi, che si accinge a visitare fino al 28 marzo Brasile e Cile per dare consistenza ai propositi di rilancio delle relazioni dell’Italia con questa parte del mondo.


Ripresi dopo una parentesi cominciata nella seconda metà dei ’90, periodo in cui il sistema finanziario e commerciale italiano (con qualche eccezione) decise di disimpegnarsi, i rapporti con i Paesi latinoamericani sono tornati ad essere una priorità per la politica estera italiana con il nuovo governo. Vari leader governativi ed istituzionali si sono recati in America latina. Fra di essi, il ministro degli Esteri D’Alema, che ha insistito sulla necessità di gettare solidi ponti fra le due sponde dell’Atlantico, sia come Italia, sia come Unione europea (Ue). Altre missioni sono state guidate dal presidente della Camera, Fausto Bertinotti, dai viceministri degli Esteri Franco Danieli e Patrizia Sentinelli, dal sottosegretario Donato Di Santo, dal leader dei Ds Piero Fassino e, nei prossimi giorni, dal sottosegretario Vittorio Craxi nei Caraibi.


Nell’immaginario italiano i problemi latinoamericani sono stati spesso sintetizzati dalla cessazione del pagamento del debito estero da parte dell’Argentina, e dalla sfortunata vicenda dei bond non onorati, lasciando passare l’idea che si trattasse di tutto un continente alla deriva. Tuttavia, mentre si seguivano le drammatiche vicende mediorientali, afghane e irachene, l’America latina subiva una trasformazione di modello socio-economico e infilava anni di crescita economica impressionante. Nel 2006, ad esempio la media del subcontinente è stata del 5,3%, con ben nove Paesi sopra il 7% allineati dietro ad una sorprendente Cuba (12,5%). E’ vero che di recente la Banca interamericana di sviluppo (Idb) ha avvertito che le stime del 2007 vanno nel segno di una possibile contrazione – la media ipotizzata e’ ora del 4-4,5% – ma queste sono percentuali rispettabili sotto cui molti Paesi europei metterebbero evidentemente la firma. Lo stesso Ibd ha peraltro segnalato che gli unici due Paesi che non cederanno terreno saranno proprio Brasile e Cile.


In generale, comunque, la forte spinta all’economia regionale è stata data dall’aumento dei prezzi delle commodities di cui i giganti asiatici sono divoratori. Questo ha favorito il Venezuela, che si è messo alla testa di un modello di sviluppo che punta, nelle parole del presidente Hugo Chávez, sul socialismo del 21º secolo, e che ha fatto breccia in alcuni Paesi che di fatto costituiscono un sotto-blocco regionale (Venezuela, Cuba, Bolivia, Nicaragua ed Ecuador).


Con questo scenario di fondo, Prodi avrà l’opportunità di esaminare con Lula e con il presidente cileno Michelle Bachelet concrete ipotesi di cooperazione politica, economica, commerciale e finanziaria, che permettano a brasiliani e cileni di aprirsi di più al mercato europeo e all’Italia di rilanciarsi in un continente dove l’attendono fra l’altro folte comunità di discendenti degli emigrati di un tempo.