All’inferno e ritorno


CARACAS – Luigi Annese Cogliano è uscito da un’esperienza terrificante, un sequestro conclusosi, per fortuna, senza gravi conseguenze. La brutta avventura è durata appena 15 ore; ma sono stati momenti atroci, in cui il signor Annese è stato picchiato e minacciato di morte quando i suoi carcerieri vennero a sapere che un loro complice era stato catturato dalla polizia. E’ lui stesso a raccontarci quei momenti, in un’intervista rilasciataci a pochi giorni dal sequestro.


Il signor Annese è titolare di una tavola calda nella facoltà di ingegneria della UCV. Come ogni mattina da 28 anni a questa parte, anche giovedì scorso, 12 luglio, alle 4.50 arriva nel parcheggio dell’università, pronto a iniziare un’altra giornata di lavoro. Ma c’è qualcuno ad attenderlo: “Mi hanno aggredito, mi hanno tramortito colpendomi col calcio di una pistola e mi hanno caricato su un’auto”. Chi, quanti erano? “Non lo so, mi hanno colto di sorpresa”. Luigi Annese Cogliano viene bendato, e portato in un punto distante “non più di mezz’ora” dalla UCV: “La mia prigione era una baracca col tetto in lamiera. L’ho capito dal rumore che faceva la pioggia, perché mi hanno tenuto bendato tutto il tempo che sono rimasto prigioniero. Mi davano da mangiare? Sì, mi hanno portato un’arepa ma non l’ho voluta. Mi davano anche l’acqua, ma sapeva di terra, non l’ho bevuta”. La prigionia, per fortuna, dura poco: circa 15 ore, cioé – spiega Annese – fino a quando i suoi carcerieri non ricevono una telefonata che li informa che il loro complice, recatosi all’appuntamento per ricevere il riscatto (“Avevano chiesto 600 milioni di bolivares, poi ci si è accordati per 27 milioni”), è stato catturato dalla polizia. La prima reazione dei banditi è quella di colpire l’ostaggio; Annese riferisce di avere contusioni sparse, una di queste alla mandibola, e di avere tagli sulle gambe. Ha avuto paura che accadesse qualcosa di peggio?, gli chiediamo. “Altroché. Mi misero anche una pistola in bocca”.


Poi però i rapitori decidono di caricare l’ostaggio su un’auto, e lasciarlo libero sull’autostrada Francisco Fajardo. Con le mani legate, ma perlomeno libero di vedere, il signor Annese raggiunge un posto di guardia della polizia; così termina la sua brutta avventura.


Luigi Annese Cogliano è sposato e ha due figli, una ragazza di 23 anni e un ragazzo di 18. Sono tutti cittadini italiani. Come si sente adesso? “Fisicamente sto bene, certo sono ancora un po’ scosso”. Continuerà a lavorare alla UCV? “Sì”. Come mai è finito nel mirino di questa gente? “Non lo so”. Credeva di essere abbastanza ricco da essere a rischio di sequestro? “No”.


Il caso Annese è stato ricostruito nei suoi punti essenziali dalla polizia. La persona arrestata risponde al nome di Joibys López Cortés, 27 anni, residente lungo la carretera vieja Caracas-La Guaira. Fu lui, a quanto riferito dagli inquirenti, a telefonare ai carcerieri del ristoratore, dicendo loro: “Sono stato preso, meglio che lo liberiate per non peggiorare le cose”. Poche ore dopo Cogliano tornava a casa. La polizia avrebbe identificato gli altri componenti della banda, due fratelli residenti lungo la carretera vieja e un terzo uomo residente a Guarenas. Un fatto che ha impressionato gli investigatori è che i contatti telefonici con la famiglia sono stati tenuti da un uomo recluso nel carcere El Dorado, a Ciudad Bolívar. Anche quest’uomo, garantisce la polizia, è stato identificato e verrà processato per questo nuovo crimine.