Voto estero, la protesta dei “piccoli”

CARACAS – Ridisegnare la ripartizione America meridionale, in modo che anche i paesi piccoli possano sperare di avere un eletto in Parlamento. Riformare il sistema di voto, magari introducendo urne elettroniche o un sistema misto seggi-corrispondenza. Ed evitare di dire che “i brogli non ci sono stati”, perché è in corso un’inchiesta da parte della magistratura italiana. Non è stata una riunione banale quella che ieri mattina, in una sala dell’hotel Tamanaco, ha aperto la riunione continentale del Consiglio generale degli italiani all’estero. Un evento arricchito dalla presenza dell’onorevole Ricardo Merlo, autentico trionfatore delle elezioni politiche nella circoscrizione estero con la sua lista Maie, che ha lanciato un avvertimento agli italiani nel mondo: attenti, il vostro voto potrebbe essere in pericolo.


“Nei due anni della legislatura che va a chiudersi – ha detto Merlo – ho conosciuto parlamentari chi favorevole, chi contrario al voto per gli italiani all’estero. Ma non ho conosciuto neanche un rappresentante della Lega che fosse favorevole. La Lega avrà un peso rilevante nel futuro governo, in un quinquennio dove probabilmente verranno portate avanti le riforme istituzionali. Esorto tutti quanti, eletti all’estero, Cgie e Comites, a restare uniti”.


 


L’ordine del giorno della riunione tenuta ieri mattina era l’analisi del voto nella ripartizione America meridionale. Peccato che ad ascoltare, oltre ai presenti – sedici consiglieri del Cgie oltre all’ambasciatore Luigi Maccotta, ai consoli Stefano Pontesilli e Michele Polacco, ai rappresentanti Intercomites di Brasile, Argentina e Venezuela – non ci fosse nessuno della comunità; perché le idee emerse potrebbero costituire interessante materia di riflessione. Primo punto: “l’astensione in aumento”. Dovuta, per giudizio unanime, alla disaffezione degli elettori, dato preponderante soprattutto nei paesi con pochi italiani (in effetti, l’affluenza in Argentina è stata altssima: oltre il 60%). Una disaffezione nata forse dal fatto che gli elettori di quei paesi hanno pochissime speranze di vedere eletto uno dei loro?


Antonio Laspro (Brasile) è convinto di sì, e lancia un’idea: “Ridisegniamo la ripartizione. In una ci mettiamo l’Argentina (quasi mezzo milione di aventi diritto al voto. La sola Rosario esprime tanti voti quanti il Venezuela, ndr), nell’altra tutti gli altri”. Risatine dai rappresentanti argentini (il loro paese ha espresso cinque su sei eletti), però l’idea è stata subito accolta dai rappresentanti di Uruguay, Perù, Brasile, oltre che da Michele Buscemi (Comites Caracas).


 


Secondo punto: “il voto per posta”. La stragrande maggioranza degli intervenuti ne hanno chiesto la riforma, per motivi di trasparenza. Diverse le proposte alternative. Marina Piazza (Messico) ha suggerito una soluzione mista: voto in un seggio allestito presso i consolati unitamente al voto per corrispondenza per quegli elettori che vivono in zone lontane. Silvia Alciati (presidente Intercomites Brasile) ha sottolineato il profondo scetticismo degli italobrasiliani quando si spiegava loro come votare alle elezioni italiane: “Qui c’è una radicata cultura di voto elettronico, il voto per corrispondenza viene visto come macchinoso e assolutamente inaffidabile”. Poi ha proposto la creazione di “urne elettroniche”, sul modello di quanto già fatto dal Pd nelle primarie in Sudamerica.


 


Infine, la “questione dei brogli”. C’è chi ha detto “non ci sono stati”; non tutti sono stati d’accordo. Maria Rosa Arona (Uruguay): “Si tratta di una conseguenza intrinseca al voto per corrispondenza. Mi preoccupa l’atteggiamento di questa assemblea, negare a priori l’esistenza di brogli. Ci sono state diverse denunce, c’è un’inchiesta in corso. Si parla non di centinaia, ma di migliaia di voti manipolati”.


In merito alle voci relative, in particolare, a quanto accaduto in Venezuela, Ugo Di Martino e Nello Collevecchio (Venezuela) hanno affermato che, in questo paese, tutto è si è svolto regolarmente. Diversi consiglieri hanno poi segnalato una singolarità che va chiarita: i risultati definitivi delle elezioni sono già stati comunicati, ma migliaia di schede non risultano scrutinate.


 


A margine del tema elezioni, diverse altre importanti segnalazioni, in particolare la non collaborazione dei comuni italiani quando si tratta di rispondere alle richieste dei consolati per produrre, ad esempio, la documentazione necessaria all’iscrizione nelle liste elettorali. La denuncia più forte, in questo, è arrivata da Nello Collevecchio: “I comuni non rispondono perché è loro interesse non farlo”: più cittadini hanno, più fondi dallo Stato ricevono. A questo riguardo, Filomena Narducci (Uruguay) racconta un episodio capitatole personalmente: un giorno, scopre di non essere più tra gli elettori all’estero, perché qualcuno l’aveva iscritta nelle liste elettorali del Comune. Lei è andata in fondo alla cosa, venendo a scoprire – così le ha spiegato il sindaco in persona – che era stata iscritta nelle liste comunali perché qualcuno l’aveva vista, tempo addietro, in paese, e presumevano avesse fatto rientro stabile in Italia. Un solo caso, tra i migliaia denunciati da quanti non hanno potuto votare nel 2008, pur avendolo fatto nel 2006. Un problema che il Cgie si appresta a segnalare al Parlamento.