Ferite che restano aperte

MESSINA – Il 27 dicembre, domenica, i bambini Margherita (14 anni, la maggiore), Maria, Isabella, Concetta, e Antonio erano andati come sempre all’oratorio ma quella sera erano “rientrati in casa piangendo “ e  dicendo ai genitori di “aver  sentito dire che in quella stessa notte doveva esserci un fortissimo terremoto da distruggere completamente Messina”.


I genitori, Onofrio Pandullo (50 anni Ufficiale d’Ordine al Genio Militare in Messina) e Rosina Mancuso non erano usciti per accudire ai due bambini più piccoli.


Il padre, da buon militare, non volle cedere alle richieste dei figli che gli chiedevano di trovare un luogo sicuro per passare la notte e, nonostante le insistenze della moglie che suggeriva di andare “a San Ranieri, alla Cittadella”, dopo aver cenato andò a letto insieme alla piccola Iolanda. La moglie dopo un poco lo seguì con il piccino di pochi mesi.


I cinque figli invece restarono per un po’ sotto il balcone poi vinti dal sonno andarono a letto. Alle 5.21 del mattino svegliati dal terremoto i piccoli si rifugiarono di nuovo sotto il balcone e ad uno ad uno caddero dal terzo piano verso l’esterno e … si salvarono. Solo Margherita riportò alcune lievi ferite.


I genitori e i due bimbi piccoli invece restarono sepolti sotto le macerie. Rosina venne estratta dopo 4 giorni ancora viva ma con un piccino morto in grembo e le gambe in cancrena, venne portata all’Ospizio Municipale Mecca di Catania e morì al Garibaldi dopo oltre un mese di indicibili sofferenze. I cinque orfanelli dapprima restarono sulle macerie vicino alla mamma che sentivano essere viva implorando i soccorritori di salvarla, poi furono portati all’asilo Sant’Agata a Catania. Dopo 3 giorni vennero portati da un certo Padre Messina a Palermo dove il maschietto Antonio fu separato dalle sorelle, infine furono ricoverati, su interessamento della Principessa Laetitia  presidentessa del Patronato per gli orfani del terremoto, a Torino nell’Istituto  degli orfani dei militari. Concetta restò sempre di salute cagionevole e morì giovane, Antonio crebbe nel collegio militare, fu mandato al fronte nella grande guerra dove si distinse in vari atti eroici sino ad aver assegnata una medaglia al valore e morì poco più che diciottenne durante un assalto.


Scrive Rosina Mancuso dal suo letto di sofferenza al fratello Vincenzo che viveva a Palmi (RC)


 


Catania 5 gennaio 1909


Carissimo fratello, non so con precisione qual è la sorte toccata a Palmi e specialmente di voi tutti, te, babbo, mamma, Elvira e Palvisina. Io ti sto scrivendo dal fondo dell’ospizio municipale mecca Catania dove fui ricoverata dopo il terribile flagello. Io sono stata scavata dopo quattro giorni, avevo sulle gambe trenta quintali di di pietre e il corpo un po’ riparato perciò vedi che le gambe hanno sofferto molto, ancora i medici non mi danno sicura la guarigione sembra che la destra voglia venire cancrenosa. Io però spero in Dio. Ho promesso a San Rocco una torcia del mio peso. Pregate anche voi. Ho saputo con sicurezza che Margherita, Maria, Antonio, Concetta e Isabella si trovano a Palermo che li ha raccolti padre Messina come orfanelli, hanno portato lievi contusioni, il piccolino me l’hanno tolto schiacciato nelle mie braccia. Di Onofrio e di Iolanda non ho potuto sapere alcuna più semplice notizia ma pare che siano morti tutti e due. Io voglio sperare di no! Non altro da dirti, ciò che sospiro e bramo è che se Dio ti ha dato la vita di venire a Catania e abbracciare tua sorella che dopo tanti dolori finirà col non vedere i suoi cari parenti. Ti attendo con ansia e se altro non può essere qualcheduno che è rimasto di voi mi scriva e dia vostre notizie. La direzione di questo ricovero è Ospizio municipale mecca Catania, mi trovo nella stanza sotto il cappellano


 


Scrive Vincenzo Mancuso alle sorelle che stavano a Torino


 


“Palmi 14 gennaio 1909


Carissime sorelle, oggi ritornato da Catania vi do subito notizie dolorose riguardo la povera famiglia di Rosina. Arrivato a Catania ho trovato Rosina figuratevi in quale aspetto, sembrava una vecchia perfetta, appena mi ha visto sembrò subito rianimata, ma stante la sua grave posizione si mise in un gran pianto che io accompagnai, mi ha voluto baciare centinaia di volte dicendomi di morire contenta perché mi ha visto e che ha saputo notizie della sua famiglia. La sua posizione è gravissima, parlando con il direttore dell’ospedale e con il professore che la cura mi hanno assicurato che non le hanno fatto l’operazione e toglierle l’intera gamba destra per non più martirizzarla e farle brevissima la sua vita perché il cancro si è diffuso per tutta la gamba ed era inutile pensarci più alla guarigione. Figurarvi miei cari quale estremo dolore ho potuto sentire a tale ragionamento. Ho incominciato a farle delle domande sulla sua sorte e disgrazia sofferte, lei è molto accasciata, è convinta che per lei non vi è più la speranza di vita ed è ben conortata (non si legge bene). Ha avuto continue notizie dei bambini da Palermo per mezzo di una contessa che, addolorata del suo stato, di tutto la fa contentare. Mi raccontò che la sera prima del terremoto i cinque bambini salvati, tornati dalla chiesa, le dissero piangendo d’aver inteso dire che in quella stessa notte doveva esserci un fortissimo terremoto da distruggere completamente Messina e che loro non volevano coricarsi nel loro letto ma mettersi tutti in qualche punto al salvo. Allora Rosina vedendo con quale spavento parlavano i bambini si voltò al marito e gli disse: “Onofrio sarebbe il caso in questa occasione di rifugiarci al S. Ranieri alla cittadella “. Onofrio anche per calmare le ragazze le disse di essere impossibile tale distruzione ma essere solamente chiacchiere del popolino e lasciando tutti dopo aver mangiato si pigliò a Iolanda e dice “noi siamo i primi che andiamo a letto” e si coricarono. Invano le insistenze della made, i bambini non si vollero coricare e allora andò a letto anche lei. I cinque bambini rimasero dietro l’imposta del balcone del salotto fino la mezzanotte passata finchè poi impauriti si coricarono tutti in un letto. Quando fu il momento del flagello hanno subito inteso e tutti e cinque scapparono poi ignudi dietro il balcone dove erano prima. Il muro davanti cadde completamente e loro con esso ma arrivati fuori si videro al largo senza la minima sgraffiatura sulla fronte. E’ questo o no un miracolo? Rosina col bambino fra le braccia si è sprofondata fino al piano terreno dove grossi massi le hanno atterrate le gambe e che per ben quattro giorni l’hanno tenuta legata e priva di soccorso. Dal secondo giorno dice di aver visto un uomo, forse qualche assassino o ladro, al quale invano Rosina gli chiedeva soccorso, ha fatto conto di nulla sentire e la  lasciò lì. Furono i bambini che tanto strepitarono da smuovere compassione finchè la cacciarono con le gambe già putrefatte e subito la portarono a Catania ma in momento di gran confusione la lasciarono abbandonata, che se le cure le venivano apprestate subito la povera disgraziata poteva essere salva. Di Onofrio e di Iolanda disse che hanno dovuto restare vittime subito non avendo inteso il minimo movimento e voce. Mi disse di baciarvi a tutti di chiedere la S.Benedizione alla mamma ed al padre. Appena date le notizie alla mamma pensate voi cosa ha fatto tanto che domani assolutamente parte per Catania e rimanere lì finchè tira la vita di Rosina in modo da non restare abbandonata sola. Vedete quale disastro ha colpito la povera famiglia? E cosa ci serve questa vita? I miei cognati dicono che ce ne venissimo a Torino tutti , ma appena disbrigato di tanti impicci non so se mi decido. Di a Nino che pensasse (non si legge bene) con mio cognato Ciccio e che con lui di vedere per i bambini perché mi hanno detto che è a Torino l’Istituto dei figli orfani dei militari che appena saputa la notizia le faremo portare in codesto istituto essendo il luogo dove si trovano solo ricovero degli orfanelli, ed è peccato che perdano gli studi. Non so più che fare, sono ubriaco di tanti dispiaceri da rincrescermi la vita. Non ho parlato, non sento per nulla, non ho voglia di mettermi al lavoro. La sventura colpitaci è troppo grave. In certi momenti voglio mantenere il mio coraggio ma mi manca e piango piango . Spero almeno in voi che state bene e baciandovi a tutti anche da parte della mamma, del padre e di Palvesina.


Vincenzo Mancuso”


 


Scrive Margherita Pandullo alla mamma Rosina (che non riceverà mai la lettera perché quando arriverà sarà già morta)


 


Palermo 2 febbraio 1909


Mamma carissima, oggi ho ricevuto una lettera dalla zia Adele dopo che io le avevo scritto. Non puoi immaginare il dolore provato al leggerla, non potei neanche finirla perché le lagrime scendevano giù a inumidirmi il viso. Finito di leggere non riuscii a trattenermi e scoppiai a piangere come una piccola bambina e di li a poco tutte in quella stanza piangevano perché pensavano il loro stato. Ho saputo che con te si trovano lo zio vincenzo e la nonna spero che così ti faranno sentire meno iil dolore. Noi cinque bambini siamo a Palermo ricoverati all’Ospizio Marino, un bel sito vicino al mare, è un asilo provvisorio; tutti coloro che sono qui dentro col tempo andranno o coi parenti o se sono soli li metteranno in qualche collegio. Carissima mamma, pensa a guarire presto, non essere come mi ha scrittola zia ferita grave, pensa che qui ci sono cinque bambini che ti aspettano, non lasciarci soli. Intanto dirai allo zio Vincenzo di venire subito a Palermo per prenderci almeno per condurci da te a vederti e se non può essere venire io sola immancabilmente. Noi di salute stiamo bene e spero che la presente ti troverà migliorata di molto. Dove sei ferita? Come stai? Ora ti racconterò in breve come ci troviamo a Palermo: la notte terribile io e Maria siamo andate come al solito sotto al balcone ma per nostra disgrazia il balcone cadde e noi siamo cadute in mezzo alle macerie del terzo piano e al balcone giù davanti la porta di donna Santa che ci ha tirati nella sua camera. Nello stesso tempo cadde anche Antonio che appena finito il terremoto si alzò dal letto e avvicinatosi al balcone cadde di piombo e ci raggiunse. La mia camera e la camera da pranzo erano rimaste sane e se io non mi sarei mossa dal letto non sarei caduta. Mi feii con questa caduta in molte parti e anche nell’occhio sinistro che credevo di averlo perduto ma per fortuna non è stato così, ora mi è guarito e mi è rimasto un segnale che dicono sparirà. Non ti ho scritto prima perché ero ferita nel braccio destro e poi soldi non ne avevo, ora invece avendo inteso che eri grave ho pensato scriverti almeno per leggere due parole dalla tua cara figliuola e per dirti che sempre preghiamo il Signore che ti faccia guarire presto e la zia mi ha mandato tre francobolli, Ero poi ferita in tutti e due i piedi e nella coscia sinistra. Continuando il racconto la mattina sono comparite Concettina e Isabella che sono scese con il loro comodo dalla scala, poi fatta una baracca siamo state finchè ti hanno scavato. Il giorno dopo la tua partenza siamo partiti anche noi, siamo venute a Catania ricoverate all’asilo Sant’Agata, hanno cercato di te col cappellano, io no perché ero a letto, e non ti hanno trovata. Tre giorni dopo un certo Padre Messina, direttore di un istituto, ci ha preso e ci ha portato a Palermo colla promessa che il cappellano di là ti avrebbe trovata e ci avrebbe dato tue notizie. Ma intanto fin ora non abbiamo ricevuto nessuna notizia solo quelle della zia Adele. Da Padre Messina ci hanno preso e ci hanno portato all’Ospizio Marino dove ancora ci troviamo. Quindi di noi non ti impensierire più, pensa a guarire e rispondimi subito perché sto in pensiero. Ditemi che pensate di noi. Salutami caldamente la nonna e la zia, ringraziali da parte mia per il gentile pensiero che hanno avuto e di loro di dirmi che si dice del nonno e della zia Palvisina. Chiedendoti tutti la santa benedizione e baciandoti e abbracciandoti mille volte ci firmiamo tuoi aff.mi figli Margherita, Concetta, Maria, Isabella