Ieri eravamo noi gli immigrati


Si ha poca memoria, quando non si vuole ricordare. Ci si dimentica del passato, quando questo risulta incomodo. Si nega la storia, quando essa è inconciliabile con i nostri propositi. Oggi, l’Italia non ricorda. Anzi, è una parte del suo mondo politico, quello che la governa, che non vuole far memoria per soddisfare il desiderio xenofobo di uno dei suoi alleati: la Lega Nord.  E così, l’Italia si trasforma in uno “Stato-Polizia”. Con la nuova legge sulla sicurezza, si apre per il Paese una nuova stagione, quella degli odi e delle ingiustizie.


Ieri eravamo noi gli immigrati. Eravamo noi i clandestini. Eravamo noi a vivere in baracche. Eravamo noi ad elemosinare un lavoro. Eravamo noi a morire nelle miniere o a cadere dalle impalcature nei cantieri edilizi. Eravamo noi ad essere umiliati. Eravamo noi le badanti, gli operai, i manovali. Eravamo noi a non poter entrare nei ristoranti, come i cani. Eravamo noi a condannare i nostri figli, chiusi in scantinati insalubri, al silenzio, a non piangere, a non gioire, a non giocare. Eravamo noi a temere che moglie e figli fossero rimandati al di là di quei valichi che, col favore della notte, avevano varcato clandestinamente non curanti del gelo e del freddo. Eravamo noi ad aver paura.


Oggi quei ricordi sono motivo di orgoglio. E lo sono soprattutto nelle nostre seconde generazioni; nell’altra Italia, quella lontana che ha vissuto il dramma di essere emigrante, o figlio di emigranti. Il nostro passato non ci mortifica. E’ parte del nostro presente. E’ il nostro dna. E’ forse per questo che ci sentiamo tanto vicini a chi si reca in Italia in cerca di una vita migliore, di quel futuro che la sua patria non può offrire.


Oggi lo “Stato Polizia” diventa una regola. E quel precetto Costituzionale  che impegna la Repubblica a riconoscere, a garantire i diritti inviolabili dell’uomo diventa cosa del passato. Nell’Italia xenofoba non esiste più la solidarietà politica, economica e sociale. E si sancisce il popolo dei “senza”: dei senza tetto, dei senza diritti, dei senza Patria. Chi è oggi in attesa di un permesso di soggiorno – ma giá lavora nei ristoranti, nelle fabbriche, nei cantieri, nelle case – ha perso ogni diritto – leggasi diritto alla salute, all’uguaglianza, alla dignità sanciti dalla Carta dei diritti dell’uomo, dalle convenzioni internazionali, dagli accordi tra Stati -. Nemmeno i più piccini, vittime innocenti, potranno curarsi in una struttura sanitaria senza essere denunciati.


Da oggi, gli immigrati, grazie ad una “legge vergogna” che ci mortifica, troveranno difficoltà a reperire un alloggio; non potranno inviare più rimesse alle famiglie lontane; non potranno recarsi ai centri assistenziali; non potranno registrare i figli nati in Italia. E dovranno aver paura di passeggiare per le strade delle città, di incontrarsi con le “ronde” che, fac-simile delle “squadracce” d’un tempo, potranno esigere i documenti che non hanno. Non solo. Da oggi, gli immigranti sono soggetti ai soprusi di persone senza scrupoli; di mafie che gli daranno un tetto, gli offriranno un pranzo, gli troveranno un lavoro e li trasformeranno in “schiavi”, con la minaccia di una semplice denuncia.


Da oggi, l’Italia ha legalizzato la sofferenza di centinaia di persone; le stesse sofferenze e soprusi che subirono i nostri genitori. E’ per questo che, anche noi all’estero, non possiamo restare indifferenti. Oggi tocca agli immigrati, chissà se domani non ai nostri figli che vorranno tornare in Italia per studiare, per lavorare, per costruirsi una vita migliore.