Marinetti al centro delle avanguardie

CARACAS – Per approfondire, a tutta velocità, in modo futurista, l’influenza del movimento fondato da Marinetti cent’anni fa, abbiamo posto 4 domande “rapide” a Davide Rondoni, poeta ed intellettuale di spicco in Italia.


A 100 anni dalla pubblicazione del Manifesto Futurista, quali sono gli


elementi che ne fanno un movimento artistico unico nel panorama dell’arte


mondiale?


Dietro a una furia ironica iconoclasta c’era  una grande spinta costruttiva, positiva circa lo sviluppo dell’arte e il suo rapporto con il variare della conoscenza e della società. Non dimentichiamo che sono gli anni delle grandi scoperte in campo fisico (nel 1905 Einstein), oltre che di notevoli novità tecnologiche. E questo ci fa da monito oggi per un’arte che sappia stare di fronte alle sfide del nuovo sapere scientifico.


E’ vera l’affermazione che tutte le avanguardie seguite al Futurismo ne sono state influenzate?


Lo dicono i maggiori esponenti di tali avanguardie, dalla pop art alle neoavanguardie. Non c’è da dubitarne.


Tu hai conosciuto il Venezuela e le opere del “cinetismo” venezolano. Credi che si possa affermare che il cinetismo, con la creazione di opere “in movimento”, realizzi una delle visioni dell’arte futurista?


Di certo il “cinetismo” in Venezuela e in altre parti dell’America Latina e del Brasile ha origini nel futurismo. Ne sviluppa un particolare aspetto, una parte, e per questo è più limitato. La personalità di Marinetti è vasta e complessa, ha mobilitato energie ed ingegni di grande ampiezza e di sfolgorante destino, pensiamo a Boccioni, Balla, ma anche a tanti meno conosciuti, come Tato, Russolo, Pratella.


Il Futurismo ha influenzato la poesia e la letteratura contemporanea italiana? E se sì, in che modo?


Soprattutto da quando c’è stato il futurismo si è potuto intendere la parola e la pagina come un campo di energie in movimento, e questo ha dato spessore e forza alla concezione che può evolvere poi in direzioni anche diverse e opposte, secondo cui la parola poetica possiede un’energia che le è propria. Se si ammette comunemente che i testi di poesia futurista non appaiono granché (anche se certe pagine di Marinetti, ma anche di Palazzeschi, conservano un fascino potente, se il dadaismo e altre forme di ricerca poetica fino alle scaltre neoavanguardie devono tanto al futurismo, se il coevo Ungaretti si muoveva su territori affini pur se mosso da altre corde esistenziali), credo che la poesia futurista segni un momento di rilievo del Novecento. Senza questo, il Novecento apparirebbe più muto, meno fertile, di certo più povero di possibilità ancora attive e fertili.


 


Antonio Nazzaro