Niente miracoli, siamo consoli!

CARACAS – Si è svolta ieri mattina, alla presenza del Console Luis Cavalieri e dei membri del Cgie, un’Assemblea straordinaria del Comites di Caracas. Tra i punti fondamentali della riunione, quelli affrontati dal Console riguardanti la situazione attuale e il panorama futuro del Consolato di Caracas che si dispiega alla luce dei tagli dell’ultima Finanziaria.


Tema caldo – per un Consolato che rilascia 13 mila passaporti l’anno, quanto Buenos Aires che però conta il doppio dei connazionali – l’arrivo, il 26 giugno, del passaporto biometrico (comprendente la lettura ottica con foto digitale, presente già dal 2006, e le impronte digitali).


La necessità di raccogliere le impronte crea problemi soprattutto per quanto riguarda i connazionali residenti all’interno del Paese, che dovranno affrontare un viaggio impegnativo anche dal punto di vista economico, per registarsi a Caracas (la comunità italiana in Argentina ha protestato violentemente).


Ancora da discutere le possibili soluzioni suggerite: dalla figura di un funzionario itinerante incaricato di raccogliere le impronte digitali degli italiani in tutto il Paese (ma i contributi per le spese di viaggio degli impiegati pubbici oggi sono pari a zero) alla diffusione delle apposite apparecchiature nei viceconsolati (i rischi riguardano la possibile incompetenza nel campo da parte dei funzionari), dalla presenza di volontari all’istituzione di un giorno dedicato esclusivamente ai cittadini non caraqueñi.


Importante sottolineare che l’entrata in vigore del nuovo passaporto non invaliderà i passaporti emessi prima del 26 giugno 2009.


La Finanziaria, come previsto, influenzerà fortemente la composizione degli impiegati nel Consolato. Insieme ad altri sfortunati, anche i quattordici digitatori, largamente elogiati dal Console come giovani preparati e volenterosi, dovranno essere in gran parte licenziati. Si commetterà così uno spreco di valide risorse umane e, contemporaneamente, si metterà a rischio l’efficienza del lavoro consolare che ricadrebbe così non sulle quarantasei persone che compongono oggi l’organico complessivo, ma su soli ventotto dipendenti. “Io ho fatto un concorso per la Farnesina non per il Vaticano, non faccio miracoli” ha concluso tragicomicamente il console.


Il problema del personale viene affronatato anche da un secondo punto di vista.


“E’ un periodo di crisi – esordisce Teresina Giustiniano, del Comites -. Io consiglio di premere sul Governo affinchè il personale sia scelto tra le persone del posto, almeno per la maggior parte”. Il Console risponde positivamente precisando che, a contrario di altre sedi, “ci sono solo nove locali contro ventuno che arrivano da Roma.


Con statistiche ed accurati dati alla mano, rilevati con schede di monitoraggio ma anche grazie alla volontà del Console stesso che più volte si è mescolato tra connazionali in attesa all’alba e ha chiaccherato con loro, Cavalieri ha poi chiarito ai presenti le politiche consolari che influenzano gli orari di apertura al pubblico, le file d’attesa, l’istituzione del numero chiuso.


“Le file che si creano davanti al Consolato non sono gravi – ha commentato davanti ai visi consenzienti dei membri Comites e Cgie -. E non m’interessa chi, a torto, dice il contrario: io lavoro per la qualità. Infine, il numero chiuso non è mai netto ed i quindici previsti diventano sempre diciassette, diciotto… I funzionari hanno anche un cuore. La vecchietta che aspetta dal mattino non viene mai rimandata a casa a mani vuote”.


Riguardo all’istituzione del numero chiuso Cavalieri ha affermato di averlo previsto solo per gli uffici di Stato Civile e Cittadinanza.


“Per Stato civile ho dovuto farlo perchè i digitatori, che se ne andranno a luglio, devono essere utilizzati al massimo per aggiornare l’anagrafe, che è il cuore del Consolato. Io non trovo serio che un’amministrazione dello Stato impieghi tre mesi per trasmettere un atto. Preferisco far svegliare le persone alle cinque del mattino ed accoglierli alle otto se posso garantire lassi di tempo ragionevoli nella risposta al pubblico.


Il limite delle dieci persone deciso per Cittadinanza è ragionato. In primo luogo spesso si presentano meno di dieci persone ed inoltre – contiunua – la questione della cittadinanza è delicata ed io preferisco puntare sulla correttezza dei documenti piuttosto che fare le cose in modo sbrigativo ed impreciso. Ogni settimana devo firmare numerosi disconoscimenti di cittadinanza. E’ inaccettabile, ma normale se si lavora con fretta e poca accuratezza”.


Il Console, comunque, non vede tutto nero: “L’Ufficio passaporti va benissimo. Il tempo massimo previsto per il rilascio è una settimana – ha documentato -. Anche a Assistenza sociale e l’Ufficio notarile è tutto a posto. Tenendo conto che lavoro con un terzo delle risorse”.


La preoccupazione di tutti, espressa in conclusione da Teresina Giustiniano, è quella che la Finanziaria possa far “perdere a Caracas il primato di migliore Consolato nel mondo”.


Infine, il console ha negato in modo chiaro il tesserino di riconoscimento richiesto dai membri del Comites.


“E’ incostituzionale – ha chiarito – perchè potrebbe essere usato per trattamenti di favore, contro la legge italiana che riconosce l’uguaglianza di tutti i cittadini, membri o meno del Comites”.


Dai presenti è stato espresso parere favorevole riguardo al contributo governativo richiesto dalla rivista bimestrale ‘Incontri’, definita da molti ‘la Famiglia cristiana degli italiani in Venezuela’.