“Mistero di Los Roques”, i parenti reclamano giustizia

CARACAS – “Siamo venuti per reclamare giustizia”. Così afferma Riccardo Tropiano, il rappresentante legale della coppia di italiani che si trovava sull’aeromobile scomparso nel nulla il 4 gennaio 2008.


Subito dopo l’incontro organizzato dall’Ambasciata d’Italia con la magistratura venezolana, Tropiano, che oltre a legale è cognato di una delle vittime dell’incidente, afferma: “Siamo venuti in Venezuela perché si è chiusa una seconda fase delle indagini. Si pensava di aver avvistato una parte dell’aereo e invece era una roccia. E non è la prima volta che succede”. Affinché non venisse chiuso il caso, sono venuti a far sentire la propria voce i parenti di una delle vittime e gli esperti della Farnesina.


“La procuratrice generale Luisa Ortega Díaz ha dichiarato che le indagini continueranno fino a quando non si imputeranno delle responsabilità – dichiara con soddisfazione Tropiano alla ‘ Voce’ -. Quindi, anche se non si ritrova l’aereo, vi saranno dei responsabili. Le ipotesi possono ancora ritenersi tutte valide: sequestro, dirottamento o incidente. Siamo venuti fin qui, in primo luogo, per rappresentare tutti i parenti delle vittime, ma anche per far garantire la sicurezza di tutti i prossimi turisti che viaggeranno in aereo in Venezuela”.


“Siamo venuti a denunciare l’inefficienza del sistema aeronautico venezolano – conclude l’avvocato che ha sofferto un lutto -: nel 2008 non può sparire un aereo in 30 minuti di navigazione senza lasciare tracce”.


Il bimotore Transaven LET – 410 era partito da Maiquetia alla volta delle isole Los Roques quando segnalò un guasto ad entrambi i motori, tentò un ammaraggio e scomparve nelle acque dei Caraibi. A bordo vi erano otto italiani (Stefano Fragione, Fabiola Napoli, Paolo Durante, Bruna Guerrieri, le figlie Sofia ed Emma, Rita Calanni e Annalisa Montanari), uno svizzero e tre venezolani, oltre al pilota e al copilota.


Da quel giorno fu ritrovato solo lo scheletro del copilota. Nient’altro. Né del velivolo né degli altri passeggeri.


Anche la sorella di Fabiola, Deborah Napoli, si manifesta soddisfatta della riunione con la procuratrice, i familiari delle vittime venezolane e l’imprenditore della contrattista Atm che esegue le ispezioni dei fondali, Hugo Marino:


“Le indagini erano in un momento di stallo e siamo venuti per smuovere le acque. Adesso invece proseguiranno fino ad arrivare alla verità. Solo in quel momento potrò vivere il mio dolore. La procuratrice inoltre si è dimostrata aperta a ricevere un contributo dall’Italia e dalla Svizzera per svolgere le indagini con la migliore tecnologia”.


“Ho richiesto di incontrare il presidente Hugo Chávez – racconta senza nascondere l’impatto emotivo dell’arrivo in Venezuela, il paese nelle cui acque è scomparsa la sorella -. Il presidente ha dimostrato, fino ad ora, di voler scoprire la verità, mettendo a disposizione la tecnologia e i mezzi economici”. Sono stati infatti spesi ben 5 milioni di dollari nella ricerca del relitto e dei corpi.


Ieri la delegazione italiana ha sorvolato la zona, già perlustrata, in cui dovrebbe essere caduto l’aeromobile in mare e, nel pomeriggio, ha incontrato la giunta di indagine di incidenti aerei che fa capo al Ministero delle infrastrutture.


I parenti delle vittime sono venuti accompagnati dall’ammiraglio Giovanni Vitaloni e dal comandante Mario Pica, esperto in incidenti aerei, entrambi già venuti per lo stesso caso con il familiare Durante lo scorso novembre.


“Le indagini a rastrello sull’area in cui potrebbe essere accaduto l’incidente continueranno – afferma, soddisfatto dell’incontro con Ortega Díaz, Vitaloni -. Solo al termine delle ricerche nell’area delimitata, e se non verrà trovato il relitto, si potranno fare delle ipotesi diverse dall’incidente. Speriamo ovviamente di ritrovare l’aereo”.


Dopo aver assicurato l’alta affidabilità della tecnologia utilizzata fino ad oggi, Pica dichiara:


“Nella ricerca del bimotore principalmente si sono dovute affrontare tre difficoltà: il fatto che in mare la visibilità è ridotta, l’incertezza del punto di caduta, che allarga il raggio delle perlustrazioni, e la diversità del fondale, che ha grandi dislivelli di profondità. Per ricostruire il tragitto dell’aereo e poter definire il punto di caduta, abbiamo richiesto alla magistratura venezolana di avere accesso ai documenti in loro possesso”.


“Ci sono aerei bellici che sono stati ritrovati 50 anni dopo la seconda guerra mondiale! – conclude Pica, sottolinenado che in questo caso sono passati soli 16 mesi dall’incidente – Le indagini termineranno solo quando si completerà la sistematica perlustrazione a rastrello dell’intera superficie circoscritta. Se si ritrova l’aereo si capiranno le responsabilità e si potranno punire i colpevoli”.