Alla ricerca del padre dalla Svezia al Venezuela

CARACAS – Per trovare Antonio Rabellino, il padre che non ha mai conosciuto, la svedese Marie Eva Carlsson ha smosso mari e monti. Ha rovistato in centinaia di archivi, ha bussato a tutte le porte, si è rivolta addirittura al programa Rai “Chi l’ha visto”. Ora è a Caracas, con la speranza che qualcuno la possa aiutare ad incontrare quel genitore che per cinquant’anni gli è stato negato. “Mia madre mi ha sempre proibito di conoscere mio padre – racconta a singhiozzi alla ‘Voce’ –. Ma da tre anni lei non c’è più ed io sono determinata. Voglio abbracciarlo, dirgli che l’ho sempre amato”.


Il giallo che affligge Marie inizia negli anni Sessanta quando il savonese Antonio, di Dego, classe 1933, lasciò l’Italia per esportare in Europa l’allora tanto amata musica napoletana. Al ritmo di Renato Carosone e Maruzella, con la sua orchestra “Casamatta” Antonio attraversò la Germania ed arrivò fino in Svezia. Con lui gli altri componenti della band, tra cui Umberto Marcato, Luciano Vani, Antonio Vallardi.


Folti capelli neri, occhi azzurri. Con il suo fascino latino, Antonio non ebbe difficoltà a conquistare Inga Lill, ventenne di Göteborg, sposata e già madre di due figli.


Spinta da una passione travolgente, improvvisa, senza tentennamenti la ragazza decise di lasciare la famiglia e seguire il suo amore italiano in un tour di due mesi in giro per la Svezia.


Imprevista come la follia di quell’amore, la gravidanza. Inga Lill non disse nulla, lasciò che il giovane musicista tornasse a Savona, inconsapevole. Solo una volta nata Marie raccontò ad Antonio l’accaduto. Ma ormai aveva deciso. Di lui non voleva saperne più nulla. Era il 1960.


Marie crebbe nel divieto di chiedere. “Già quando ero bambina piangevo e mi disperavo perché mia madre non voleva dirmi nulla di lui e mi proibiva ogni contatto. Si arrabbiava quando volevo sapere dove abitava, dove potevo trovarlo” racconta.


Poi, vent’anni fa, una svolta. “Un giorno ho ricevuto una telefonata. ‘Maria! Maria!’ diceva una voce. Mi sono spaventata e ho riattaccato. Solo dopo ho capito che quell’uomo, all’altro capo del filo del telefono, era mio padre che mi cercava. Anche mia madre ne era convinta, perchè solo lui avrebbe potuto usare il mio nome in italiano, Maria. Da allora – continua la svedese – non ho più avuto pace. Dovevo trovarlo”.


Inizia così la ricerca di una vita.


Marie parte inizialmente per Savona. Con il marito Axel bussa ad ogni ufficio pubblico, ad ogni centro d’informazione, ai carabinieri. Chiede agli anziani dei bar, impegnati con le carte. Sfoglia elenchi telefonici, rovista archivi. Mostra a chiunque quell’antica fotografia dell’orchestra Casamatta che sua figlia ha trovato in internet. Lì, tra i componenti, c’è suo padre.


Ma di papà Antonio non c’è traccia.


Decide così di rivogersi al programma televisivo Rai “Chi l’ha visto”. Durante la puntata, in studio arriva una telefonata. “Tuo padre anni fa salpò per il Venezuela” dicono a Marie.


Bastano queste poche parole per fare nuovamente i bagagli e ripartire alla ricerca di papà Antonio.


Atterrata a Caracas, Marie si rivolge al Consolato generale e all’Ambasciata d’Italia, chiede informazioni all’Onidex, al Centro Italiano Venezolano, alla Casa d’Italia. Nulla.


Ma non si dà per vinta: “Sono sicura che si trova qui in Venezuela, lo sento” dice con convinzione alla Voce.


Marie e Axel ora sono affiancati dal signor Raul. Trascorrono ore davanti al computer con la speranza di trovare nell’etere una qualsiasi traccia. Per ora solo qualche numero di telefono venezolano a cui nessuno risponde, una manciata di siti argentini, dozzine di omonimi irrintracciabili.


“A Göteborg ho tutta la mia vita – conclude Marie -. Ma sento un grande vuoto. Mi rivolgo con il cuore in mano a chiunque possa darmi anche la più piccola informazione. Una piccola traccia potrebbe cambiare la mia vita”.