Il Museo di Giuseppe Garibaldi un “segreto” di New York


NEW YORK – Fra le tante cose che un turista italiano si aspetta di conoscere, visitando una città cosmopolita e multietnica come New York non include mai, anche conoscendone il passato storico, la possibilità di scoprire l’esistenza di qualcosa particolarmente familiare, qualcosa che appartiene alla nostra storia. Quella storia che in molte occasioni nel proprio paese viene trascurata o addirittura messa in discussione. Mi riferisco al museo di Giuseppe Garibaldi, un piccolo museo ospitato nella casa di un altro grande della nostra storia, che ha dato all´Italia e al mondo il suo genio: Meucci.


Una sorpresa straordinaria che ho avuto modo di vivere a Staten Island, in una delle tante visite al Center for Migration Studies, dove la congregazione scalabriniana ha sede, e dove é conservato forse il più ricco e grande archivio dell`emigrazione italiana dell´ottocento.


Mi accompagna il Sig. Carlo DeRege e, con l`assistenza di Mary, ci accingiamo ad entrare in questa minuscola casa, nel mezzo di un giardino dove torreggia un monumento dedicato a Meucci. Bussiamo. Ci apre un giovane che cortesemente ci fa accomodare, per poi dirigersi ad un tavolo a continuare il suo lavoro. Cataloga foto e documenti senza toglierci la vista di dosso. Meravigliati e incuriositi, gli chiediamo chi fosse o cosa stesse facendo. Ci spiega di essere un volontario italiano che aiuta il museo periodicamente. Nel frattempo, ci raggiunge una signora dalle fattezze tipicamente mediterranee.


Con un timido sorriso si presenta e ci invita a visitare le stanze del museo. Parla un perfetto italiano ed è ben informata su tutto ciò che stiamo vedendo con curiosità ed ammirazione. Si chiama Michela Traetto.


Sarà per l’inaspettata scoperta o l’emotività di un sentimento tutto italiano che infondono quelle stanze, che per associazione penso immediatamente alla “La Voce d´Italia”. Così, improvvisandomi giornalista, registro, ascolto e domando.


– Quale funzione svolgi qui nel museo?


– Sono qui al Museo Garibaldi-Meucci come volontaria durante la stagione estiva. Aiuto nella promozione del museo e anche nelle traduzioni. Come vede, questo museo ha tutti i testi in inglese. Il mio progetto e tradurli in italiano.


– Come sei venuta a sapere dell’esistenza di questo museo? Nonostante sia piccolo e pur avendo visto poco ci è sembrato interessantissimo. Tutto ciò che vediamo sono oggetti appartenuti a questi due illustri personaggi della storia italiana?


– Ho cercato su internet tra le organizzazione italiane in New York. Ho visitato le loro website. Altre informazioni le ho ricavate dal libro di Corrado Auge “Segreti di New York”. Auge parla del museo, di Meucci e della sua storia. Ci narra l’infelice scoperta del telefono. Dico infelice perché poi, quella scoperta che ha trasformato la nostra vita, non gli è stata mai riconosciuta.


– Quanto tempo pensi di poter dedicare a questa tua iniziativa?


– Il periodo estivo come ti ho detto.


– Pensi di tornare?


– Se posso… Vede, è il mio sogno. Spero proprio di poter lavorare in questo Museo. Questo, oltre ad essere un Museo, é anche un monumento nazionale. Tra l’altro, è la sede di tante, tantissime iniziative della comunità italiana e per la comunità italiana di New York.


– In quale stanza ci troviamo adesso. Puoi descrivercela?


– Questa é la stanza in cui Garibaldi ha vissuto, ospite di Meucci, dal 1850 al 1851… un anno circa. Sul letto vi sono alcuni “pezzi” originali che sono appartenuti al nostro “eroe dei due mondi”. Ognuno di esso è arrivato al museo per vie diverse. Questa invece é la divisa di “gala”, mentre l’altra che abbiamo visto in precedenza era quella di battaglia. C’è poi questo capello originale intarsiato, donato al museo da Antonio Armosino; il suo bastone da passeggio e la spada con fodero d’acciaio. Sono tutte cose appartenute a Garibaldi ed ora custodite gelosamente in questo piccolo museo.


– E questi?


– Il fucile a baioneta ed una doppietta. Garibaldi e Meucci avevano le passione per la pesca e la caccia. Amavano anche lavorare il legno. Garibaldi voleva fermarsi qui. Forse metter su casa definitivamente. Ed infatti cercò lavoro. Si recò al porto. Ma in quel tempo Staten Island aveva una presenza importante di marinai irlandensi che svolgevano l’attivita di mare. Per questo gli risultò assai difficile. Fu osteggiato. Il resto lo conosciamo. Vede, anche quello specchio appartenne a Garibaldi. E’ firmato.


– Il pavimento della casa é originale?


– Si, ma solo quello di questa stanza. Nel resto della casa è stato tutto ricostruito perchè crollato. Questa é la stufa a “pancia”, tipica dell’epoca.


– Posso farti una domanda di cui mi assumo personalmente la responsabilità: l’Ambasciata italiana a New York vi aiuta? E’ presente?


– Per quel che ne so, é l’ordine dei “fans d’America” che gestice e finanzia questo museo. Credo sia doveroso ringraziare soprattutto il Sig. John B. Dabbene. E’, a tutti gli effetti, un Museo privato. Non so se l’Ambasciata sia coinvolta nell’iniziativa né in quale misura. Questa, che ora potete vedere, è la stanza di Meucci con i suoi libri, tutti in lingua inglese. In queste stanze è stata allestita due anni fa una mostra del Palladio.


– Qui?


– Si proprio qui, in queste stanze.


– Quanta gente viene vi visita?


– E’ un museo piccolo.


Sorpresi, increduli di fronte alla quantità di oggetti ammirati, ci avviamo verso l´uscita.


Devo confessare che per un momento mi sono sentito fra le mura domestiche, fra la mia gente. Ho rivissuto la storia della mia Patria perché, anche quando sentiamo di essere cittadini del mondo, qualcosa accade dentro di noi che risveglia in noi, si voglia o no, quei sentimenti di appartenenza che credevamo dimenticati.