Accordo Ubs-Usa, un freno ai paradisi fiscali


NEW YORK – Ubs consegnerà al fisco Usa informazioni su 4.450 conti correnti di americani. Gli Stati Uniti cantano “vittoria” per un accordo “senza precedenti” che assesta una “spallata” al segreto bancario.


L’accordo raggiunto fra Berna e Ubs con Washington lascia invece intatta, secondo il ministro delle Finanze elvetico Hans-Rudollf Merz, sia “la normativa svizzera sia il segreto”. Formalmente, infatti, il segreto bancario viene preservato in quanto l’intesa raggiunta prevede lo scambio di informazioni attraverso vie ufficiali, nel rispetto delle normative in vigore, e non di forza da parte degli Usa per via giudiziaria.


Resta comunque il fatto che Ubs comunicherà al fisco americano i nomi di alcuni dei suoi clienti. In cambio gli Usa ritireranno la richiesta per ottenere i 52.000 nomi di abbienti americani titolari di conti presso Ubs e non infliggerà alcuna sanzione alla banca svizzera. La consegna avverrà a partire da settembre, dopo che il fisco statunitense avrà presentato una richiesta formale a Berna specificando di quali tipi di conti intende ricevere la documentazione.


Sarà poi il governo svizzero a chiedere e guidare Ubs nel trasferimento dei dati. Le informazioni riguarderanno i conti di maggiore interesse per le autorità americane, quelli in cui in un determinato momento erano depositati fino a 18 miliardi di dollari.


Washington canta “vittoria” per la “spallata al segreto bancario” e annuncia che questo è solo l’inizio: l’accordo firmato ieri con Ubs e la Svizzera “invia un segnale: non importa a quale istituzione vi appoggiate, l’Internal Revenue Service è pronto a procedere sia nei confronti dell’istituto sia nei confronti del singolo individuo”, afferma soddisfatto il commissario delle entrate americane Dough Shulman, forte del fatto che l’intesa raggiunta prevede che la Svizzera, in presenza di determinate circostanze”, riveda ed esamini altre richieste statunitensi di informazioni su titolari di conti presso altre banche elvetiche.


Secondo le indiscrezioni riportate dal Wall Street Journal, l’amnistia varata dall’amministrazione per favorire l’auto-denuncia fiscale ha fatto emergere il nome di altre 10 banche europee e svizzere presso le quali benestanti americani avevano un conto. Di per sé – osserva il quotidiano – questo non si traduce in nessuna mancanza da parte degli istituti in causa né nel fatto che alcuni di questi abbiano eventualmente imitato Ubs ad aiutare clienti a utilizzare “una serie di complesse strutture per evadere le tasse”.


L’emersione dei nomi di ulteriori istituti, fra i quali Credit Suisse, Julius Baer e Union Bancaire Privee (Ubp), potrebbe comunque non essere – spiega il legale fiscale svizzero Milan Patel – un buon segnale per l’industria bancaria svizzera. “Le banche svizzere nominate volontariamente sono probabilmente preoccupate di poter potenzialmente essere nel mirino dell’Irs dopo Ubs”. E forse – osservando alcuni analisti – non hanno torto, visto che l’Irs sta acquisendo le capacità e le conoscenze per affrontare questo tipo di casi e “probabilmente intenderà utilizzarle. Credo che questo sia più l’inizio che la fine” osserva Peter Hardy, ex pubblico ministero.