Sangue e violenza alla vigilia del voto


KABUL – Dopo aver girato vorticosamente per tre mesi, la pallina della immaginaria roulette elettorale afghana sta per fermarsi su una casella. O meglio su un nome, quello del presidente della repubblica che raccoglierà la scommessa di pacificare il paese nel prossimo quinquennio.


Quest’ultima settimana, che ha preceduto il via delle operazioni di voto, domani, nei quasi 7.000 seggi disseminati in 34 province, è stata dura e segnata dalla violenza e dal sangue, così come volevano probabilmente i talebani che hanno chiesto alla gente di boicottare i seggi. Ieri per alimentare la tensione gli insorti si sono affidati a un commando che ha assaltato una agenzia della Pashtami Bank, vicino al Palazzo presidenziale di Kabul, in una operazione conclusasi con la morte dei tre assalitori. Inoltre 21 afghani, tra cui un governatore di distretto e alcuni poliziotti, sono stati uccisi in varie zone del paese.


E’ stata anche annunciata la morte, avvenuta l’altro ieri, di tre soldati americani dell’Isaf. Gli elettori sono chiamati a scegliere, oltre ai membri dei parlamenti provinciali, il futuro presidente fra 35 candidati (due le donne).


Tensione e violenza non hanno abbandonato l’Afghanistan neppure un minuto. Negli ultimi cinque giorni gli insorti sono stati capaci di realizzare a Kabul tre spettacolari attentati disseminati di vittime. Il 15 agosto contro il quartier generale della Nato, l’altro ieri nei confronti di un convoglio militare internazionale, ed il terzo ieri, nella Pashtami Bank.


Pur abituati da anni di instabilità politica alla violenza quotidiana, gli afghani si sono fatti più prudenti, perché i talebani continuano in tutta libertà a lanciare avvertimenti alla popolazione, esortandola a restare in casa. Ciò per evitare le conseguenze delle operazioni che sostengono di aver programmato per sabotare i piani elettorali del governo. Questa drammatica situazione ha indotto il governo ad imporre la censura sulle informazioni che dovessero riguardare domani episodi di violenza. Ma contro questa misura sono insorte le stesse Nazioni Unite e l’Associazione indipendente dei giornalisti dell’Afghanistan (Ijaa) che per bocca del suo segretario, Rahimullah Saman, ha assicurato che il “divieto sarà ignorato”. Comunque, al termine della battaglia che ha impegnato le forze di sicurezza con un commando che aveva attaccato la Pashtami Bank in pieno centro, le strade di Kabul si sono svuotate, complice certo anche il giorno festivo legato all’indipendenza nazionale. Le principali arterie della capitale sembravano isole pedonali, mentre sui marciapiedi i venditori ambulanti, impegnati a far quadrare comunque i bilanci, cercavano inesistenti clienti a cui vendere fazzoletti di carta, schede telefoniche, frutta e sandwich. Presenti come sempre e più di sempre gli uomini addetti alla sicurezza. Davanti agli edifici pubblici la sorveglianza è stata rafforzata, ed obiettivi più a rischio, come l’Hotel Safi, sono stati dichiarati off limits per i non residenti. Di segni legati alla commemorazione del 90/o anniversario dell’Indipendenza, neppure a parlarne. Un fatto che secondo un giornalista afghano, che per prudenza non ha voluto identificarsi, va considerato un altro successo dei talebani, che a Kabul hanno monopolizzato l’attenzione dei media nazionali ed esteri unicamente sulle loro imprese.