Afghanistan: voti contro le bombe


KABUL – Ce l’hanno fatta. Milioni e milioni di afghani hanno partecipato ad una difficile giornata elettorale che, nonostante gli almeno 26 morti provocati dai talebani, è stata definita “un successo” dal presidente uscente Hamid Karzai, dal presidente americano Barack Obama e, in pratica, dall’intera comunità internazionale.


Il voto non solo deve indicare il nome del futuro capo dello stato ma doveva essere anche una risposta alle minacce degli insorti oltre che confortare le speranze di quanti ritengono che l’Afghanistan sia sul cammino giusto di un rafforzamento delle sue istituzioni democratiche.


Apertisi alle 7, oltre 6.500 seggi (il 95% di quelli previsti) hanno funzionato per 10 ore in 34 province, e si sono chiusi alle 17 (le 14,30 italiane) con la proroga eccezionale di un’ora di apertura dovuta alla presenza in molte realtà di lunghe code di elettori in attesa di votare. Sull’affluenza non ci sono ancora dati ma in alcune province, come quella di Herat sotto il controllo italiano, si è andati ben oltre il 60 per cento. Alla vigilia dell’appuntamento, i talebani avevano minacciosamente invitato la popolazione a restarsene a casa, perché il giorno del voto, definito “un’altra frode degli americani”, sarebbe stato trasformato “in un vero e proprio inferno”. Dai dati forniti in serata dal governo a Kabul è emerso che la giornata non è stata esente da violenze, con ben 135 incidenti accertati e con un bilancio di almeno 26 morti fra civili, militari ed agenti di polizia, e di oltre 50 feriti.


Come spesso avvenuto in questi giorni, l’operazione più spettacolare è stata scatenata di prima mattina a Kabul, dove un commando talebano ha attaccato una caserma della polizia, impegnando le forze di sicurezza per ore. Al termine di ripetute sparatorie, gli agenti hanno mostrato i cadaveri di due miliziani, uno dei quali si era fatto saltare in aria con l’esplosivo che portava indosso. E durante tutta la giornata, le notizie di lanci di razzi, scoppi di rudimentali ordigni e attacchi a seggi elettorali si sono susseguiti in oltre metà delle province afghane, con il chiaro intento di spaventare la popolazione e convincerla a non votare. Prendendo la parola nel corso di una conferenza stampa nel palazzo presidenziale, il presidente della repubblica Hamid Karzai si è vivamente rallegrato con i suoi connazionali che hanno dato una grande prova di partecipazione democratica. “La nostra gente – ha sottolineato con enfasi – non ha rinunciato da nessuna parte al proprio impegno civico; ha sfidato le bombe, i razzi e le intimidazioni, e si è recata a votare”.


In che misura? Il capo dello Stato ha detto che è troppo presto per conoscere quale sia stata l’affluenza ma ha escluso che anche se la partecipazione fosse bassa, ciò “possa in qualche modo mettere in discussione la legittimità del voto”. Difficile comunque che si possa ripetere la partecipazione record del 2004, quando Karzai fu eletto presidente al primo turno con una valanga di voti. Questa volta la percentuale sarà probabilmente più ridotta, con una importante partecipazione nel nord e nel centro del paese e un’affluenza ridotta nelle province meridionali e dell’est, dove più forti sono state le intimidazioni dei talebani. Il capo dello Stato uscente spera di poter chiudere la partita al primo turno raggiungendo il 50% più uno dei voti. Se così non fosse – e questo si saprà fra un numero imprecisabile di giorni – dovrà vedersela in un ballottaggio con il suo ex ministro degli Esteri, Abdullah Abdullah, che i sondaggi davano nelle ultime settimane in forte crescita. In definitiva, il bilancio della giornata premia gli sforzi del governo afghano che per questo ha incassato i rallegramenti di Onu, Nato, Unione europea (Ue) e di molti governi occidentali.