Polonia, 70 anni dall’invasione La Merkel s’inchina alle vittime


BERLINO – “Io, cancelliera tedesca, m’inchino qui a Danzica ai sessanta milioni di vittime della guerra e dell’Olocausto scatenati dalla Germania, le pagine più nere della storia d’Europa”. Con un grande discorso, commosso e a tratti storico, Angela Merkel ha segnato forse più di ogni altro leader la solennità della cerimonia svoltasi ieri nella città polacca da dove, con l’attacco della Wehrmacht, della Reichskriegsmarine e della Luftwaffe iniziò settant’anni fa il secondo conflitto mondiale.


“Ogni patto concluso con Hitler fu immorale”, ha detto l’altro ospite di maggior rango, il premier russo, Vladimir Putin. Ha respinto però ogni tentativo di definire il Patto Molotov-Ribbentrop (con cui Urss e Terzo Reich si spartirono la Polonia) come unica causa della guerra, e ha ricordato l’enorme tributo di sangue dei sovietici alla disfatta dell’Asse.


L’anniversario della grande tragedia ha dunque offerto l’occasione alle due grandi potenze alleate contro la Polonia e poi nemiche allora, cioè Germania e Russia, e alla stessa nuova Polonia di fare i conti con la Storia per guardare avanti e cercare un futuro di distensione. Appoggiati a distanza dall’America di Obama, che non dà più al progetto di miniscudo antimissile Usa in territorio polacco e cèco l’importanza che gli conferiva Bush, e così placa i timori di Mosca.


Merkel ha in un certo modo fatto il bis nel dopo-guerra fredda dello storico inchino con cui a Varsavia il cancelliere della pace, il socialdemocratico Willy Brandt, avviò la distensione est-ovest e tra Germania e Polonia e Germania e vittime della Shoah.


Né Kohl né Schroeder avevano pronunciato discorsi così decisi come quello di ‘Angie’, la quale ha anche lodato il ruolo chiave della rivoluzione democratica di Solidarnosc, che nel 1989 portò in tutto l’Est la libertà. “I tedeschi non lo dimenticheranno mai”, ha sottolineato alludendo alla caduta del Muro di Berlino.