Il regista scomodo della ricerca storica

CARACAS – “La settima arte è la capacità di riprodurre il flusso audiovisuale che l’essere umano percepisce con i propri sensi” afferma Ferrara, attualmente professore di regia all’Università di Terni, introducendo la conferenza.
Oltre ad essere un cineasta affermato, Ferrara è infatti un didatta dalla lunga carriera nei mass media, nelle scuole di cinema e nelle università. Quasi come per una lezione accademica, ha preparato per il pubblico 4 schede esplicative per fissare gli argomenti della spiegazione (il flusso audiovisivo, dalla camera oscura alla fotografia, Joseph-Antoine Ferdinand Plateau e il principio della persistenza retinica e l’effetto Kuleshov). Non mancherà nella conferenza un accenno alle tappe della creazione del cinema. Non è la prima volta che Ferrara tiene un corso in America latina: ha già diretto infatti dei seminari a Bogotà, Cordoba (Argentina) e Città del Messico presso l’Unam.
Conosce questo continente perché, oltre ad essere stato nella maggior parte dei paesi, ha girato due film: “Narkos” in Venezuela (1998) e “Contra-diction” in Nicaragua (1987). Il primo racconta la storia di un gruppo di giovani killer colombiani, uccidono, torturano, adempiono ai loro doveri imposti dall’alto ma poi la mafia decide di uccidere anche loro.
“Il film è stato ripreso a Caracas ma è ambientato a Medellin – spiega Ferrara -. Ho rischiato la vita per realizzarlo, era troppo pericoloso girarlo in Colombia quindi ci siamo spostati in Venezuela”.
Il cineasta sceglie di riprendere luoghi lontani forse anche per parlare di tematiche troppo scomode da filmare in Italia. L’alienazione, l’ignoranza, la droga e la scelta obbligata di arruolarsi fra le file dei narkos colombiani non contraddistinguono forse anche la storia dei giovani ‘picciotti’ reclutati dalla mafia italiana?
In progetto il regista ha anche un documentario da girare in Venezuela:
“Vorrei spiegare la storia del petrolio e le sue connessioni con il colonialismo, tenendo anche conto che a breve l’oro nero finirà”.
A un mese dal termine del Ciclo di cinema nostrano al Celarg, l’Istituto italiano di cultura di Caracas (Iic) riserva una sezione per proiettare le opere di Ferrara reputate dallo stesso autore come le migliori.
“Ferrara descrive il passato recente senza mezzi termini – sostiene la direttrice dell’Iic, Luigina Peddi -. E’ un regista contundente che penetra nella realtà. Volevamo mostrare anche questo approccio particolare al cinema che poi è stato seguito da molti altri cineasti”.
Ferrara fa cinema civile d’inchiesta. I suoi film scavano nel nostro passato recente basandosi su fonti certe come processi e testimonianze della polizia e indagano con minuzia su fatti che hanno segnato la storia ma che troppo spesso non si è voluto raccontare. Non ci sono intoccabili: sotto l’occhio investigatore del regista finiscono proprio tutti, dal Vaticano, alle Br, all’Opus Dei, Andreotti, Craxi, la mafia, la Cia e il partito comunista.
“Tutto quello che si vedrà è relazionato alla realtà dice la didascalia della maggior parte dei miei film – afferma Ferrara -, al contrario delle produzioni statunitensi. I miei lungometraggi sono una cronaca fedele di fatti storici, per questo era stato sequestrato il film ‘I banchieri di Dio’ e sono stato denunciato per diffamazione per il film ‘Giovanni Falcone’”.
Questi i rischi di chi vuole raccontare la verità in un mondo in cui a molti fa comodo l’omertà.