Berlusconi: “Avanti anche senza Fini”

ROMA – Domenica di riflessione per i due cofondatori del Pdl, in vista di una settimana intensa nella quale si deciderà il futuro del partito. Silvio Berlusconi è ad Arcore, mentre il presidente della Camera Gianfranco Fini è al mare, a scrivere l’intervento che terrà alla Direzione di giovedì e il documento che “al 99%”, spiegano i suoi, sarà presentato come base di confronto. Il clima non è dei migliori e sono in pochi a scommettere su una ricomposizione indolore tra i leader.

Carmelo Briguglio, tra i deputati più vicini a Fini, prevede “un nuovo partito di centrodestra che si riconosca nelle idee del presidente della Camera, in coalizione col partito di Berlusconi e con il governo”. L’ipotesi più realistica, osserva la maggioranza del Pdl, è che venga messo ai voti un documento che potrebbe formalizzare la nascita di una corrente interna che si riconosca nelle istanze dell’inquilino di Montecitorio.
Ma Berlusconi è certo che “la maggioranza resisterà e il governo durerà”. È ottimista sulle sorti del partito creato 2 anni fa con quel Fini al quale, dice, “ho fatto la corte” e che “conosco da 15 anni”. Certo, “adesso non andiamo d’accordo” ma sono “fatti superabili, questioni personali perché Fini era abituato comandare da solo”.

Quasi una campagna di pace bilaterale, volta a distendere gli animi ed evitare il peggio: rottura, gruppi separati, crisi di governo e elezioni anticipate. Una Legislatura che corre il rischio di andare sprecata, contro gli auspici del Presidente della Repubblica, ai cui incoraggiamenti in favore del dialogo il premier riesce a dare risposte rasserenanti: lavorare per la riforma della Costituzione, dice il Cavaliere, “è una cosa a cui vale la pena. Sentiremo tutti”, cercando “l’assenso di una opposizione responsabile, se l’opposizione diventerà responsabile”.

I finiani respingono nel frattempo come “incomprensibili” le ipotesi di scissioni o elezioni anticipate, mentre auspicano una “fase incisiva dell’azione del governo”. A farsi portavoce è il senatore Andrea Augello che evidenzia la “solidarietà incondizionata al presidente Fini per gli inaccettabili toni astiosi” utilizzati, soprattutto dalla stampa, da chi “pensa di fare politica come se fosse sugli spalti di una partita di calcio”. E dal segretario del Pd, Pier Luigi Bersani, arriva una risposta cauta: “Aspettiamo” per vedere nei fatti le proposte della maggioranza.

Il disgelo non fa però raddolcire troppo il Premier che, nonostante sia convinto che “evitare la rottura è l’unica cosa ragionevole”, afferma: “So come andare avanti sia che Fini deciderà di restare, sia che Fini prenderà un’altra strada”. Berlusconi cerca così di contrastare quel senso di precarietà che grava sul Pdl anche a causa di ‘certi spettacoli’ in tv. Il durissimo scontro Lupi-Santanché contro Bocchino-Urso, nel talk show notturno del leghista Gianluigi Paragone su Raidue, infatti, ha fatto infuriare il Cavaliere.
– È inaccettabile che si dia quest’immagine del Pdl. Uno schifo, un killeraggio a freddo. Un’aggressione in piena regola di una violenza inaudita. Scene così non possono mai più ripetersi. Meglio dividersi che dare questi spettacoli che ci fanno perdere centinaia di migliaia di voti.
“Mi è sembrata – ha commentato dopo il programma Paragone – la presa d’atto di una scissione”.
In realtà Berlusconi non prevede una rottura, e cerca di mostrare fermezza anche per cedere il meno possibile nella trattativa con il secondo leader.

Il negoziato comunque è già cominciato. I più attivi sono Gianni Letta e Gianni Alemanno. Berlusconi si tiene informato di ogni passaggio e attende il documento annunciato dai finiani. Ma non intende esporsi. Anzi, ostenta distacco. Dice ai suoi: “Fate voi. Un punto però deve essere chiaro. Se c’è l’intesa, vanno poi rispettate le regole della casa. Non sono disposto a tollerare continui distinguo e polemiche”. Non è disposto neppure a ripristinare la “diarchia”. Anche perché, dal suo punto di vista, consentirebbe a Fini una sorta di potere di veto e gli offrirebbe la scena per un nuovo strappo tra sei mesi, quando a Fini potrebbe essere più conveniente. Semmai il premier può pensare di lavorare ai fianchi Fini, provando ad erodere il consenso dei suoi e scongiurare strappi futuri. Il presidente della Camera mette sotto scacco Berlusconi se, costituendo gruppi autonomi, riesce a raggiungere la soglia dei 30 deputati o dei 15-18 senatori. In questo scenario Berlusconi rischierebbe di restare intrappolato: né completamente libero di governare, né libero di andare al voto. Ma il premier rassicura i suoi: “Non ho alcun timore. Anche se Fini si separasse, sarebbe lui a pagare il prezzo nettamente più alto. Non potrebbe giustificarsi davanti ai nostri elettori, mentre io sono capace di portare avanti il governo anche senza di lui”.