La Corte dei Conti boccia la riforma universitaria

ROMA – La riforma dell’università che ha introdotto il sistema ‘a doppio ciclo’, laurea e laurea specialistica (il cosiddetto ‘3+2′), “non ha prodotto i risultati attesi né in termini di aumento dei laureati né in termini di miglioramento della qualità dell’offerta formativa”. E’ la valutazione espressa dalla Corte dei Conti nel Referto sul Sistema Universitario, pubblicato ieri.

Tra gli effetti negativi della riforma del 1999, aggiungono i magistrati contabili, c’è anche quello di “aver generato un sistema incrementale di offerta, certamente sino all’anno accademico 2007-2008, con un’eccessiva frammentazione delle attività formative ed una moltiplicazione spesso non motivata dei corsi di studio”.


La Corte dei Conti sottolinea come “a fronte di un dato sostanzialmente stabilizzato del numero degli iscritti, nell’ultimo quinquennio, su un valore di poco superiore a 1.800.000 unità” sia “ancora rilevante la cifra relativa agli abbandoni dopo il primo anno pari (nell’anno accademico 2006-2007) al 20%, un valore sostanzialmente analogo a quello degli anni precedenti la riforma degli ordinamenti didattici”. In netto aumento, invece, nell’anno 2007-2008, il numero dei laureati già in possesso del titolo di laurea breve: 73.887 nel 2008 rispetto a 38.214 nel 2006”.
Quello che i magistrati contabili sottolineano è “il fenomeno della proliferazione dei corsi di studio, che passano dai 2.444 dell’anno accademico 1999-2000 ai 3.103 dell’anno accademico 2007-2008”. I dati sono relativi alle ‘immatricolazioni pure’ cioè ai corsi di I livello o ai cicli unici. Se si aggiungono anche i corsi di II livello, il numero complessivo di corsi attivi nell’anno accademico 2007-2008 è di 5.519 a fronte dei 4.539 dell’anno 2003-2004.


“Una certa inversione di tendenza – annota la Corte dei Conti – in conseguenza dei decreti di riforma del 2004 e del 2007, comincia a registrarsi solo a partire dall’anno accademico 2008-2009, con un decremento rispetto all’anno precedente del 7,4% per i corsi di I livello, e del 2,6% per i corsi di II livello”. Una tendenza che, secondo la Corte dei Conti, dovrebbe essere confermata anche per l’anno accademico in corso (2010-2011).

La Riforma universitaria

Cosa cambia dopo l’ultima riforma universitaria entrata in vigore con il decreto 270/2004?
Con l’introduzione della riforma sono istituiti due cicli formativi: la laurea, che per non confonderci chiameremo laurea di primo livello (ex laurea triennale), e la laurea magistrale (ex specialistica) che dura due anni. Inoltre per alcuni corsi sono previsti corsi di laurea a ciclo unico.

Il corso di laurea di primo livello ha l’obiettivo di assicurare allo studente un’adeguata padronanza di metodi e contenuti scientifici generali, nonché l’acquisizione di specifiche conoscenze professionali.
Il corso di laurea magistrale ha l’obiettivo di fornire allo studente una formazione di livello avanzato per l’esercizio di attività di elevata qualificazione in ambiti specifici.
La riforma universitaria riguarda anche la formazione post laurea: i master universitari di primo e secondo livello della durata di 1 anno (cui è possibile iscriversi con il titolo, rispettivamente, della laurea di primo livello e della laurea magistrale) ed il dottorato di ricerca della durata di 3 anni (dopo il conseguimento della laurea magistrale).

Per alcune professioni previste dalla legge (medico, avvocato, insegnante, etc.) l’abilitazione all’esercizio della professione si conseguirà frequentando, dopo la laurea di primo livello o magistrale, le specifiche scuole di specializzazione o praticantati, che durano in genere 1-2 anni e superando successivamente l’esame di stato.
Già con la precedente riforma universitaria era stato inserito in Italia il concetto di CFU, il credito formativo universitario, che definisce quanta attività di studio, o di lavoro di apprendimento, è convenzionalmente richiesta a uno studente nell’unità di tempo fissata in 25 ore. Le università possono riconoscere come crediti anche conoscenze (ad esempio di tipo linguistico o informatico) e competenze professionali, acquisite in ambiti extra-universitari purché certificate.
I crediti vengono adottati in tutto il sistema universitario italiano per facilitare agli studenti il trasferimento da un corso di studio ad un altro, oppure da un’università ad un’altra, anche straniera. La valutazione dei crediti acquisiti spetta all’università di accoglienza.

I crediti assegnati a ogni attività formativa vengono indicati nei regolamenti didattici di ateneo e più in dettaglio nei regolamenti didattici dei singoli corsi di studio. I crediti non valutano il profitto, rappresentano invece una misura quantitativa del carico di lavoro richiesto allo studente per raggiungere diversi traguardi formativi. Sono pertanto indipendenti dal voto conseguito con esami o prove di altro genere.
Il voto continua ad essere espresso in trentesimi, 18 è la votazione minima. Le modalità per il superamento degli esami sono stabilite, in modo autonomo, da ogni ateneo e vengono specificate nel regolamento didattico del corso di studio: possono consistere in prove scritte o orali, o giudizi di idoneità.
Tuttavia la riforma universitaria prevede che, al termine della laurea di primo livello, vi sia una prova finale che viene decisa da ogni Ateneo; solo al termine della laurea magistrale è prevista la stesura della tesi di laurea e la presentazione alla commissione. Ai fini del superamento dell’esame di laurea e di laurea magistrale è necessario conseguire il punteggio minimo di 66 punti. Il punteggio massimo è di 110 punti e può prevedere l’eventuale attribuzione della lode.

Con il diploma di maturità è possibile iscriversi a qualunque corso di laurea; tuttavia l’università verificherà il curriculum della matricola in funzione del corso scelto e qualora venissero evidenziate delle lacune queste saranno espresse in debiti formativi che la matricola dovrà recuperare entro il primo anno.