La Cassazione scagiona Marrazzo L’ex governatore: “Io vittima”

ROMA – In particolare, i supremi giudici nel respingere la difesa avanzata dai quattro carabinieri indagati, coinvolti nel ricatto a Marrazzo, la giudicano “infondata” in quanto, scrive il relatore Giacomo Foti, “nei confronti di Marrazzo nulla autorizza a ipotizzare condotte delittuose essendo egli chiaramente la vittima predestinata di quella che è stata considerata come un’imboscata organizzata ai suoi danni”. “o sempre atteso con serenità le decisioni dei giudici – ha commentato l’ex presidente della Regione Lazio, Piero Marrazzo – , a loro avevo raccontato la verità e la verità è che io ero la vittima in questa vicenda. Ora ci sarà il tempo e il modo, con calma e nel rispetto della giustizia e degli investigatori di raccontare questa verità”.
“Avevo colpe personali. Ho sempre pensato alla mia famiglia – ha aggiunto -. Ed è a mia moglie e alle mie figlie che oggi devo dire grazie. Ho aspettato a parlare, non potevo fare altro. Oggi questa sentenza dimostra che io ho sempre detto la verità. La verità giudiziaria c’è già, del resto parleremo con calma”.

La difesa dei carabinieri Nicola Testini, Antonio Tamburrino, Luciano Simeone e Carlo Tagliente, tutti e quattro indagati per il ricatto all’ex governatore, sostenevano ancora, a loro discolpa, di dichiarare inutilizzabili le dichiarazioni di Marrazzo anche per il fatto che era stato trovato in possesso di droga.
Su questo punto la suprema Corte scrive che “né la presenza di cocaina nella casa del trans Natalie avrebbe potuto condurre a diverse conclusioni non solo perché quella presenza è stata attribuita agli indagati che miravano evidentemente a rendere più gravosa la posizione del Marrazzo per renderlo più vulnerabile e pronto a subire qualsiasi ricatto, ma anche perché, ove anche a costui si fosse attribuita detta presenza, nessuna conseguenza di natura penale avrebbe potuto derivargliene, trattandosi di droga chiaramente destinata al consumo personale”.
Bocciata anche la tesi difensiva volta a denunciare l’utilizzo dell’auto blu da parte di Marrazzo per recarsi agli incontri di via Gradoli.

“Ugualmente irrilevante -scrive la superema Corte- sotto il profilo penale deve ritenersi l’uso, da parte dello stesso Marrazzo, dell’auto di servizio per raggiungere l’abitazione di via Gradoli posto che di detta auto l’ex presidente della Regione Lazio era autorizzato a servirsi”.
La suprema Corte fa pure un riferimento al video con il quale Piero Marrazzo era stato ricattato dai carabinieri. Ebbene, scrivono gli ‘ermellini’ quel video è stato “condito con la presenza della droga” e all’ex governatore fu letteralmente “impedito di tirarsi su i pantaloni perché ritraendolo in mutande la vendita del video sarebbe stata più appetibile ai media”.