Intercettazioni, verso una Calciopoli-bis?

La decisione è stata presa in una riunione tra il capo della procura federale Stefano Palazzi e i suoi collaboratori, dopo che l’udienza del processo in corso a Napoli in programma ieri – e nella quale il Tribunale doveva decidere se acquisire le nuove intercettazioni come da richiesta degli avvocati di Moggi – era stata rinviata. “In merito al processo in corso a Napoli – informa la Federcalcio – la procura federale chiederà fin da ora di poter acquisire tutto il materiale probatorio prodotto dalle parti, oggetto di perizia che potrà essere disposta dal Tribunale.

Nelle prossime ore, il procuratore Stefano Palazzi invierà formalmente una richiesta in tal senso al Presidente della nona sezione penale del tribunale di Napoli Teresa Casoria, avviando così l’indagine con riferimento al nuovo filone di intercettazioni”. Ieri intanto è arrivato lo sfogo di Gianfelice Facchetti. “La credibilità di mio padre non può essere attaccata da quattro barboni, con tutto il rispetto per i barboni” ha detto il figlio di Giacinto dopo la pubblicazione delle intercettazioni di telefonate del padre nel corso del processo su Calciopol. “Sono giorni di attacchi vili e volgari – ha affermato Gianfelice – quando nel 2006 mio padre morì il suo nome fu iscritto al Famedio di Milano, segno che la memoria di Giacinto Facchetti non è solo nostra ma è condivisa da tutta la città e ora va difesa insieme e con i denti”.

Per il figlio di Giacinto Facchetti, infatti, la pubblicazione delle nuove intercettazioni tra il padre e i designatori arbitrali rappresenta “un estremo tentativo, condotto in modo poco civile, della difesa di un imputato”.

Gianfelice non ha mai voluto nominare Luciano Moggi, l’ex direttore generale della Juventus finito al centro dello scandalo di Calciopoli e responsabile della diffusione delle nuove intercettazioni, e ha assicurato che d’ora in poi la sua famiglia si trincererà nel silenzio, come gesto di fiducia nella magistratura. “Si stanno raccontando tante barzellette – ha concluso Facchetti junior – per gettare fumo negli occhi in un processo che è più mediatico che giudiziario”.