Napolitano: “Il 25 aprile simbolo della riunificazione d’Italia”

ROMA – Al Quirinale, davanti ai gonfaloni dei Comuni decorati, alle bandiere delle associazioni partigiane e combattentistiche e accanto ai ministri dell’Interno e della Difesa, Giorgio Napolitano ha ribadito la più ampia definizione del 25 aprile data sabato alla Scala, dove è stata accolta da un applauso corale a cui ha fatto seguito un vastissimo consenso politico.

“Ieri a Milano – ha ricordato il capo dello Stato dopo aver deposto una corona d’allora all’Altare della patria – ho definito il 25 aprile Giorno della liberazione e insieme della riunificazione d’Italia, a conclusione di una drammatica divisione in due e di una profonda lacerazione del nostro paese”. Questo è il vero significato di quella ricorrenza e noi, ha aggiunto, dopo 65 anni, dobbiamo preoccuparci di trasmetterlo correttamente alle nuove generazioni, di parlare di quel biennio 1943-1945 con “grande serenità”, come è avvenuto alla cerimonia di Milano organizzata dal Comune, dall’Anpi e dal Comitato Antifascista.

È questo il clima giusto, ha detto Napolitano, ed io di quella data “ho inteso mettere pienamente in luce il significato nazionale, il valore di riconquista e condivisione del senso della nazione e della Patria, di riaffermazione di una rinnovata identità e unità nazionale”.

Il presidente ha anche chiesto di riunirsi in un grande sforzo comune, superando gli steccati politici, proprio come avvenne durante il Risorgimento e la resistenza. Un richiamo che ha trovato implicitamente eco nell’appello televisivo di Berlusconi ad affrontare proprio in questo spirito le riforme, in modo condiviso.

Non è la prima volta che Napolitano invita a cogliere il senso più generale della fine dell’occupazione nazista e parla della “fatale” guerra civile che si era innescata fra i fascisti della Repubblica di Salò e gli antifascisti della Resistenza.
Anche il suo predecessore, Carlo Azeglio Ciampi, aveva attribuito alla ricorrenza un carattere simile, patriottico e riunificante, e anch’egli aveva tentato di convincere tutti che il rispetto è dovuto a tutti i caduti, anche a quelli repubblichini, senza con ciò voler equiparare le ragioni dei vincitori e dei vinti. Ma i tempi non erano maturi, gli interlocutori non erano disposti ad ascoltare.
La vera novità del discorso alla Scala sta nella vastità del consenso suscitato, simboleggiato dall’applauso a scena aperta di Silvio Berlusconi, di Rosi Bindi, di Piero Fassino, di Roberto Formigoni, di Letizia Moratti e tanti altri, nell’apprezzamento di Armando Cossutta e dei ministri leghisti Roberto Calderoli e Roberto Maroni, che hanno apprezzato l’invito a rafforzare l’unità nazionale con il pieno riconoscimento delle autonomie locali e l’attuazione del federalismo nell’interesse di tutta l’Italia.

Ieri, Napolitano ha incassato questo coro di consensi e apprezzamenti, e ha affermato che la continuità della ispirazione politica e ideale ai valori della Resistenza non è un vuoto richiamo, perché “i valori e gli ideali di libertà, di pace e di giustizia, che sono stati consacrati, sull’onda della Liberazione, nella Costituzione repubblicana, ispirano l’impegno del nostro paese nelle organizzazioni internazionali, nelle Nazioni Unite come, in particolare e più fortemente, nell’Unione europea, e quindi nelle missioni di stabilizzazione e di sostegno allo sviluppo istituzionale ed economico sociale in aree di crisi, dal Libano, ai Balcani all’Afghanistan”.