L’Inter batte l’Atalanta e sorpassa la Roma

MILANO – Nemmeno le briciole. Disegnata da Mourinho a sua immagine e somiglianza, cinica e insaziabile, l’Inter non lascia nulla agli avversari, liquida l’Atalanta 3 a 1 e sorpassa la Roma (battuta nel posticipo serale dalla Samp 2-1). Quanto basta per continuare a sognare il Grande Slam, incamminarsi verso Barcellona con l’ennesima lucidatina al morale e dimenticare il tormentone Balotelli. Il tutto al termine di una sfida mai banale come quella con l’Atalanta.


Erano stati proprio gli orobici a mettere il primo granellino di sabbia nel meccanismo interista, vincendo 2-1 a San Siro nel pomeriggio del 7 aprile, in quel 2002 che si concluse con il triste epilogo laziale del 5 maggio. Ed era sempre stata una gara casalinga con i bergamaschi, il 6 maggio del 2001, il palcoscenico per quel motorino scaraventato giù dagli spalti dagli ultras di casa. Il tutto in un pomeriggio in cui i tifosi interisti hanno dedicato poco spazio a ‘Supermario’ (in tribuna al Rigamonti per Brescia-Reggina), oggetto di un solo striscione, a penzolare candido dalla Curva Nord: “Non c’é tempo di pensare ad un bambino che non rispetta la maglia – hanno scritto gli ultrà – Forza ragazzi uniti verso la prossima battaglia”. Poche parole ma incisive. Come quelle inviate a Roma e alle stanze del Palazzo. “Che nessuno punisca il pupone”, si leggeva in Curva Sud i cui abitanti rincarano con un eloquente: “Accoltellati e nessun procedimento: è chiaro che la Roma ha dei santi in Parlamento”.


Schermaglie dialettiche nel giorno della vittoria numero 301 in carriera per Mourinho – 164 le partite casalinghe senza sconfitte tra campionato e coppe nazionali dal 2002 – in attesa di approdare in Catalogna per la notte dei sogni. E proprio pensando al Barça, il tecnico di Setubal lascia in panchina la coppia di centrali Lucio e Samuel – in campo Materazzi e Cordoba – oltre a Cambiasso e Thiago Motta, sostituiti da Mariga e Muntari. In tribuna Maicon, a corto di allenamenti dopo l’intervento per la ricostruzione di un dente saltato contro i blaugrana. Imprescindibili, davanti, Eto’o e Milito, sostenuti dalla fantasia di Sneijder, sostituito a inizio ripresa per fastidi muscolari.


Al rombo interista fa da contraltare il 4-1-4-1 disegnato da Mutti con Tiribocchi unica punta e Doni, preferito ad Amoroso, a svariare fra le linee. Una sorta di fisarmonica che irretisce, almeno in avvio, i padroni di casa. Nel giro di tre minuti, tra il 5’ e l’8’ Tiribocchi, romano e romanista, fredda Julio Cesar con un colpo sotto la traversa e poi lo grazia di testa, da due passi, fallendo l’occasione per il 2-0.


Invischiata nella ragnatela appiccicosa tessuta dall’Atalanta, l’Inter fatica ad assumere il comando delle operazioni. La magnifica ‘rumba organizzata’ messa in scena con i catalani sembra un ricordo. Senza la spinta di Maicon sulla fascia e le geometrie di Motta, gli uomini di Mourinho faticano non poco, rimanendo inerti per una ventina di minuti abbondanti. Poi Sneijder illumina e Milito ringrazia: assist dell’olandese, il ‘principe’ raccoglie poco fuori dall’area bergamasca, pallonetto morbido e 1-1.


Da lì in poi è un ritorno al passato. Le maglie bianche degli atalantini – sostenuti da almeno 3.000 tifosi dopo il via libera del Viminale – sembrano fare all’Inter lo stesso effetto di quelle del Barcellona. Sneijder sguscia tra i difensori, Eto’o pennella in mezzo all’area e Mariga, trenta minuti giocati in dieci partite, completa la rimonta. Sciolta la tensione, l’Inter controlla con serenità e si regala il terzo gol di Chivu – una saetta da fuori area che tocca il palo e supera Coppola – prima di godersi la standing ovation che San Siro dedica a Milito, chiamato a riposo da Mourinho. Meritato e opportuno: al Camp Nou il ‘principe’ dovrà rifulgere, come tutta l’Inter, in tutto il suo splendore.