Lesbica rischia rimpatrio da Londra ad attenderla la forca in Iran

LONDRA – Kiana Firouz, 27 anni, attrice e attivista lesbica iraniana, rischia di essere rimpatriata a Teheran, da dove era fuggita a Londra per scampare alle frustate e alla forca. Il gruppo Everyone ha lanciato un appello perché il governo britannico le riconosca lo status di rifugiata.

Impegnata da anni nella lotta contro le discriminazioni e le persecuzioni degli omosessuali nel suo Paese, Kiana fuggì dall’Iran dopo aver prodotto un documentario sulla condizione di lesbiche e gay sotto il regime di Ahmadinejad. Pedinata e spiata dall’intelligence, spiega Everyone, continuò il suo lavoro e i suoi studi a Londra. Una domanda di asilo fu rigettata dall’Home Office, nonostante il ministero dell’Interno britannico abbia preso atto della sua condizione di omosessuale perseguitata e conosca bene la legge islamica, che considera l’omosessualità quale uno tra i peggiori reati, punibile con la forca, e identifica gay e lesbiche quali nemici di Allah.

In Iran, la punizione per una lesbica adulta, sana di mente e consenziente, è di 100 frustate. Se l’atto è perpetrato per tre volte e la punizione è inferta in ciascuna occasione, la condanna a morte si applica alla quarta volta (articoli 127, 129, 130). Kiana ha presentato ricorso in tribunale al diniego dell’Home Office, ma anche il Giudice ha respinto incredibilmente la richiesta d’asilo. Secondo l’avvocato di Kiana, rimane l’unica possibilità di appellarsi alla decisione del Giudice, ma ormai, afferma Everyone, il rischio di una deportazione in Iran è imminente.

Kiana Firouz ha recentemente preso parte alle riprese del film “Cul de Sac”, che uscirà questo mese, la cui trama è incentrata sulla sua vita e in particolare sulle sue lotte civili portate avanti in Iran.
– Per me era fondamentale prendere parte a quel film – ha dichiarato recentemente l’attrice in un’intervista – Come donna omosessuale iraniana, credo che nulla, meglio di un film, possa rendere l’idea di quali difficoltà vivano ogni giorno sulla propria pelle le lesbiche del mio Paese. Quel film – ha poi spiegato Kiana – contiene scene di sesso che già basterebbero per una condanna a morte, se fossi rimandata in Iran. Ora, la mia unica speranza rimane la mobilitazione del mondo LGBT.
Kiana – il cui caso ricorda quello della lesbica Pegah Emambakhsh, che rischiava il rimpatrio da Londra a Teheran nel 2007 – ha creato una petizione. Gli attivisti di EveryOne invitano tutta la società civile a inviare mail di protesta all’Home Office britannico, utilizzando l’indirizzo [email protected], chiedendo che sia concesso al più presto lo status di rifugiata a Kiana.