Addio al “Gran Café” ?

Erano in molti, forse, a pensare la stessa cosa lasciandosi trasportare dalla valanga dei ricordi. Con lo sguardo fisso e stupito, chi transitava nei paraggi non osava esprimere, facendo onore alla generosa proverbiale comunicazione verbale venezolana, ciò che stava passandole per la mente. Ma non c’era solamente la mente, coinvolta in questi particolari momenti vissuti giovedì mattina, 6 maggio 2010 in Sabana Grande.

Ad accompagnare i pensieri di chi scrive, si faceva passo, dignitosa e colpita, quell’importante spaccato di storia che dagli anni ’50 aveva saputo raccontare l’emigrazione italiana, spagnola, portoghese in Venezuela. Si. È cosí! Ci stiamo riferendo proprio al “Gran Café” di Sabana Grande. Quel luogo dove “Papillon” si fece scrivere il libro che lo rese famoso, affidandone la stesura ad un notissimo giornalista venezolano dell’epoca. Il luogo dove Gaetano Bafile amava ascoltare, per poi tradurli in piccoli gioielli letterari, le vicende dei nostri connazionali emigranti.

Tra quei tavolini, sparsi all’esterno del locale, abituale meta dei “musiú”, si sono organizzate vite, conclusi amori, firmati contratti di lavoro, realizzate interviste. Il “Gran Café” di Sabana Grande, dove gli intellettuali si riunivano per commentare i “fatti del giorno”: la politica, l’inflazione e… tante altre “virtú”, quel giovedí mattina del 6 maggio 2010, stava piangendo sulle proprie colonne esterne infrante dai buldozer.

Così! Stupiti, abbiamo osservato senza poterla immaginare, una Sabana Grande differente. Uno spazio pieno di polvere e macerie stava in quel momento relegando al ricordo quell’anima che aveva saputo raccoglierne infinità di tante altre, dando respiro ai sogni, ai dialetti, alle speranze che avevano sostenuto una lunga lontanissima storica traversata per l’Oceano. Si. Ho visto cadere le colonne esterne del “Gran Café”, accanto ad una scritta che generosamente invitava da parte de “Pedevesa – La Estancia”: “Se qualcuno vuole apportare suggerimenti può farlo”.

Quali suggerimenti avrei potuto apportare? Come raccontare a chi aveva progettato, forse, fare a meno di un pezzo di storia così cara alla nostra emigrazione, che il “Gran Café” era: “lo scenario abituale degli italiani, dei portoghesi, degli spagnoli del Venezuela e perfino di molti latinoamericani esiliati dai loro Paesi a causa delle cruente dittature”? I ricordi aiutano a vivere e la memoria è indispensabile poiché senza ieri non puo esistere domani.

C’era una volta il “Gran Café”. E qualcuno lo ricorderà forse un giorno, così com’era. Il “Gran Café” che era stato prima amministrato da un italiano, poi da un portoghese, ucciso a causa di una rapina lo scorso anno, proprio sotto casa sua. Hanno detto i responsabili dei lavori di riammodernamento del luogo, a chi amministra oggi il “Gran Café,” che i danni dell’abbattimento delle colonne esterne saranno risarciti. Una promessa? Certamente s’avvererà. Chi dirige i lavori, speriamo terrà conto di questo piccolo spiazzo che tanto ha significato nella vita di quanti scelsero un giorno il Venezuela per costruire futuro. Chi dirige i lavori, sappiamo vanta con orgoglio origini italiane. Speriamo, perciò, che la memoria, i ricordi, l’ombra grata e “las tertulias” del “Gran Café” non siano cancellati definitivamente dalla nuova immagine di Sabana Grande.