Giornata di sangue a Bangkok. Almeno 10 morti e 125 feriti

BANGKOK – E’ stata una giornata di guerriglia urbana a Bangkok, con improvvise esplosioni di violenza intorno all’accampamento delle ‘camicie rosse’ antigovernative che hanno causato almeno dieci morti e 125 feriti, tra cui tre giornalisti stranieri. La capitale thailandese è ormai una città militarizzata su un fronte esteso per chilometri, con l’esercito che sta stringendo il cerchio attorno ai manifestanti antigovernativi, costringendoli a dividere i loro sforzi difensivi tra le varie barricate.


Sebbene uno sgombero armato delle migliaia di dimostranti non sembri imminente, la situazione rimane estremamente tesa e non si escludono nuovi scontri nella notte. I disordini sono iniziati già in tarda mattinata, in Wireless Road, propagandosi poi ad almeno altri sei punti circostanti il bivacco dei sostenitori dell’ex premier Thaksin Shinawatra. I militari si sono posizionati presso diversi incroci strategici, chiudendo il traffico lungo alcune tra le principali arterie di una Bangkok che chi può lascia, almeno per il weekend.


Lungo le vie deserte, sfidando i militari posizionati a poche decine di metri, i manifestanti hanno creato diversi falò, lanciando sporadici ordigni contro i soldati. La risposta è arrivata con gas lacrimogeni, proiettili di gomma ma anche veri, specie dai cecchini appostati sui palazzi circostanti. Tra i feriti anche tre giornalisti stranieri: il più grave è un canadese che lavora per France 24, Nelson Rand, colpito da tre proiettili.


La Farnesina ha sconsigliato ai cittadini italiani di recarsi a Bangkok. Dopo la chiusura, ieri, delle ambasciate statunitense e britannica, oggi ha chiuso i battenti anche la sede diplomatica canadese, stretta tra due tra i punti in cui si sono verificati gli scontri più gravi, vicino al parco Lumphini. Per il timore di violenze sono stati sospese dal pomeriggio le corse delle tre linee di metropolitana.


Le forze armate, tramite il loro portavoce Samsern Keawkamnerd, hanno assicurato di non voler procedere a un’irruzione nei tre chilometri quadrati presidiati dai ‘rossi’, un bivacco dove le condizioni igieniche sono precipitate nell’ultima settimana, anche perché l’esercito ha ordinato alle autorità metropolitane di interrompere i servizi di rimozione dell’immondizia. La fornitura di corrente elettrica è tagliata per una seconda notte, e attorno al palco eretto presso la Ratchaprasong Intersection la luce diffusa dai generatori rimane scarsa.


L’accresciuta presenza di soldati non è tuttavia stata accompagnata da un dispiegamento di blindati; i pochi veicoli militari che portavano rifornimenti – spesso i soldati si muovono in motorino – sono stati bloccati, e in alcuni casi dati alle fiamme, dai manifestanti. L’intenzione delle forze di sicurezza sembra quella di testare la resistenza dei ‘rossi’, sperando in un progressivo svuotamento della ‘città nella città’ che si snoda tra centri commerciali e hotel di lusso chiusi da oltre un mese. Ma nonostante i dimostranti non vadano ormai oltre le cinquemila unità, un blitz causerebbe con ogni probabilità morti su larga scala. Ufficialmente la ‘road map’ di riconciliazione nazionale proposta dal premier Abhisit Vejjajiva è ancora in piedi, ha detto oggi Sathit Wongnongtoey, sottosegretario del primo ministro. Sathit ha però anche accusato direttamente Thaksin di aver ostacolato il compromesso che nei giorni scorsi sembrava quasi raggiunto, attorno all’offerta di andare a elezioni anticipate il 14 novembre. Dal suo autoesilio l’ex premier ha tuttavia chiesto oggi al governo di revocare lo stato di emergenza e tornare ai negoziati. Ma con l’aumentare delle vittime dall’inizio della protesta – ormai 37 morti e 1.100 feriti – lo spazio per trattare sembra restringersi sempre più.