Spari sulla folla: massacro a Bangkok

Bangkok – Continuano i violenti scontri a Bangkok dove è salito a 24 il numero dei morti da quando giovedì scorso l’esercito ha cinto d’assedio la zona occupata dalle camicie rosse, sulla Ratchaprasong Road. Solo oggi sono otto i manifestanti uccisi. Lo riferisce il sito della Bbc.


I soldati, spalleggiati da ulteriori rinforzi, hanno circondato il presidio delle camicie rosse, difeso da barricate di filo spinato e aste di bambù. La zona è stata proclamata «area di sparo con munizioni vere» come avvertimento ai manifestanti. Le autorità sono decise a sgomberare la zona, nel cuore del distretto commerciale di Bangkok, dove migliaia di camicie rosse del Fronte Unito per la democrazia contro la dittatura (Udd), vicine all’ex premier populista in esilio Thaksin Shinawatra, si sono accampate fin dal 3 aprile. Oltre all’intervento dei soldati sono stati tagliati tutti i rifornimenti di acqua e cibo ed è stata interrotta l’erogazione di elettricità.


Molto alto il bilancio dei feriti, oltre 170, tra i quali tre giornalisti, due thailandesi e uno canadese. Mentre i medici definiscono ormai senza speranza le condizioni di Khattiya Sawasdipol, il generale che ha lasciato l’esercito per unirsi alla protesta con il nome di Seh Daeng, il comandante rosso, colpito alla testa dal proiettile di un cecchino giovedì pomeriggio.


L’agenzia Thai news scrive che da parte del movimento anti-governativo c’è la disponibilità ad avviare colloqui con il governo per il ritiro delle truppe e una tregua. Il leader anti-governativo Natthawut Saikua ha dichiarato che i colloqui con il governo hanno come obiettivo di evitare altro spargimento di sangue. Ma in un messaggio alla nazione sull’emittente 3Tv il primo ministro thailandese, Abhisit Vejjajiva, ha detto che «indietro non si torna», «intendiamo ripristinare lo stato di diritto, pace e normalità», annunciando che le forze dell’ordine collaboreranno allo sgombero di donne e bambini dalla zona occupata. Per sbloccare la situazione e mandare a casa i manifestanti il governo sembra così determinato a usare la forza.


– C’è un piano per il giro di vite sulla Ratchaprasong se le proteste non finiscono – ha detto in conferenza stampa il colonnello Sansern Kaewkamnerd, portavoce del Cres, il comitato di crisi governativo.


Il segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon, ha rivolto un appello sia al governo thailandese che ai leader della protesta, invitandoli ad impedire ulteriori violenze. Ban Ki-moon «ha incoraggiato con forza le parti a tornare al dialogo, in modo da far calare la tensione e risolvere la questione in modo pacifico», si legge nella dichiarazione diffusa dal Palazzo di Vetro.


Anche Washington chiede di fermare le violenze e «trovare un modo pacifico di superare le differenze» tra le posizioni del governo e quelle dei manifestanti che chiedono le dimissioni del premier Abhisit Vejjajiva e nuove elezioni. L’ambasciata americana, che da due giorni è chiusa come altre sedi diplomatiche, ha diffuso oggi un avviso ai cittadini americani sconsigliando di recarsi a Bangkok. A causa dell’escalation di violenze nella capitale thailandese il dipartimento di Stato americano ha inoltre ordinato l’evacuazione di tutto il personale non essenziale della sede diplomatica a Bangkok


Intanto ventisette camicie rosse che hanno preso parte alle manifestazioni nel centro di Bangkok sono state condannate a sei mesi di carcere per aggressione ai militari dell’esercito. A riferire la condanna per direttissima dei 27 arrestati dopo gli scontri di ieri è stato Tharit Pengdit, direttore del dipartimento indagini speciali e componente del Cres, il Comitato di crisi governativo. Tharit ha aggiunto che tra i reati contestati c’è anche la violazione della legge di emergenza in vigore nella capitale che non consente raduni di oltre cinque persone.