Bangkok, si continua a sparare 61 morti dall’inizio della protesta

BANGKOK – Continuano ad essere sanguinosi gli scontri fra l’esercito ed i manifestanti anti-governativi a Bangkok. Un manifestante delle camicie rosse è stato ucciso da un cecchino che lo ha colpito alla testa. Il bilancio della giornata a 7 morti (31 da giovedì scorso, 61 dalla metà di marzo quando è cominciata la protesta delle ‘camicie rosse’).

Il comitato di crisi thailandese, Cres, ha annunciato nel frattempo il congelamento di 106 conti correnti bancari nell’ultimo tentativo di bloccare le proteste delle camicie rosse contro il governo di Abhisit Vejjajiva. Intanto il governo, dopo aver fatto appello a una conclusione pacifica della manifestazione, ha indetto il coprifuoco dalle 23 di ieri sera alle 5 di oggi e ha intimato a donne, anziani e bambini di abbandonare l’area al centro della città stretta d’assedio dai militari entro oggi pomeriggio.

I soldati, spalleggiati da ulteriori rinforzi, hanno circondato il presidio delle camicie rosse, difeso da barricate di filo spinato e aste di bambù.

La zona è stata proclamata “area di sparo con munizioni vere” come avvertimento ai manifestanti. “Terroristi armati stanno creando la violenza”, ha detto Abhisit, ribadendo che “il governo deve usare la mano pesante contro questi terroristi”. Le autorità sono decise a sgomberare la zona, nel cuore del distretto commerciale di Bangkok, dove migliaia di camicie rosse del Fronte Unito per la democrazia contro la dittatura (Udd), vicine all’ex premier populista in esilio Thaksin Shinawatra, si sono accampate fin dal 3 aprile. Oltre all’intervento dei soldati sono stati tagliati tutti i rifornimenti di acqua e cibo ed è stata interrotta l’erogazione di elettricità.

Per sbloccare la situazione e mandare a casa i manifestanti il governo sembra così determinato a usare la forza. “C’è un piano per il giro di vite sulla Ratchaprasong se le proteste non finiscono”, ha detto in conferenza stampa il colonnello Sansern Kaewkamnerd, portavoce del Cres, il comitato di crisi governativo.


Intanto in una conferenza stampa Natthawut Saikua, uno dei leader dell’Udd (Fronte unito per la democrazia contro la dittatura), ha ribadito l’intenzione di riprendere i colloqui di pace con il governo con la mediazione dell’Onu. “Se l’Onu sarà presente, l’Udd è pronto a colloqui di pace per porre fine rapidamente al violento conflitto in corso e alla crisi politica”, ha detto. Ma se il governo usa la forza contro le camicie rosse, ha aggiunto, l’Udd non cederà e continuerà a protestare. Ma un portavoce dell’esecutivo ha annunciato che il governo thailandese ha respinto la proposta.


In precedenza Jatuporn Prompan, un altro leader dell’Udd, aveva chiesto l’intervento del re Bhumibol. “E’ ora di chiedere aiuto all’amato padre della patria come nel maggio del 1982 quando il re bloccò lo spargimento di sangue”, ha detto Jatuporn.


Il segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon, ha rivolto un appello sia al governo thailandese che ai leader della protesta, invitandoli ad impedire ulteriori violenze. Ban Ki-moon “ha incoraggiato con forza le parti a tornare al dialogo, in modo da far calare la tensione e risolvere la questione in modo pacifico”, si legge nella dichiarazione diffusa dal Palazzo di Vetro.


Anche Washington chiede di fermare le violenze e “trovare un modo pacifico di superare le differenze” tra le posizioni del governo e quelle dei manifestanti che chiedono le dimissioni del premier Abhisit Vejjajiva e nuove elezioni. L’ambasciata americana, che da due giorni è chiusa come altre sedi diplomatiche, ha diffuso un avviso ai cittadini americani sconsigliando di recarsi a Bangkok. A causa dell’escalation di violenze nella capitale thailandese il dipartimento di Stato americano ha inoltre ordinato l’evacuazione di tutto il personale non essenziale della sede diplomatica a Bangkok.


Intanto ventisette camicie rosse che hanno preso parte alle manifestazioni nel centro di Bangkok sono state condannate a sei mesi di carcere per aggressione ai militari dell’esercito. A riferire la condanna per direttissima dei 27 arrestati dopo gli scontri di ieri è stato Tharit Pengdit, direttore del dipartimento indagini speciali e componente del Cres, il Comitato di crisi governativo. Tharit ha aggiunto che tra i reati contestati c’è anche la violazione della legge di emergenza in vigore nella capitale che non consente raduni di oltre cinque persone.


Intanto, i medici definiscono ormai senza speranza le condizioni di Khattiya Sawasdipol, il generale che ha lasciato l’esercito per unirsi alla protesta con il nome di Seh Daeng, il comandante rosso, colpito alla testa dal proiettile di un cecchino giovedì pomeriggio.
Le circa 400 scuole pubbliche che dovevano riaprire oggi per una nuova sessione resteranno chiuse fino alla prossima settimana.