Milito consegna lo scudetto all’Inter

SIENA – Eccolo lo scudetto dell’Inter, il quinto consecutivo dell’era Massimo Moratti, il 18º della sua storia. Lo regala Milito: sempre lui, il Principe, che segna la rete numero 22. Il suo diagonale mette fine al braccio di ferro con la Roma, iniziato alla 12ª giornata di ritorno, quando i giallorossi battendo la squadra di Mourinho all’Olimpico si erano portati solo a un punto dei campioni d’Italia per poi anche superarli e rendere il finale di campionato un thriller.


Ma il copione definitivo prevede lo scudetto ai più forti e più forti sono sempre coloro che vincono. Onore alla Roma, che ha reso bellissimo il campionato; onore all’Inter che alla fine non ha fallito e ora può concentrarsi sulla finale Champions per cercare un grande slam che riesce solo alle grandissime squadre.


Sono le 16:17 quando al 12’ della ripresa arriva il gol di Milito che fa esplodere la festa. Una festa che arriva dopo la paura. Sì, la paura. Perché sulla maglia dell’Inter per un po’ lo scudetto era stato scucito. Se l’era preso la Roma.


Vucinic e De Rossi stavano battendo il Chievo e l’Inter era sempre sullo 0-0. Roma campione d’Italia virtuale, mentre l’Inter non trova la marcia alta per scappare e fatica a mettere nel mirino la porta difesa da Curci. Già, Curci: un tifoso romanista e giocatore della Roma. E’ vero che l’Inter non gioca con l’ardore di chi ha fame di vittoria, a momenti trotterella, fa girare palla, concede poco, e spinge poco. Nonostante questo le occasioni da gol arrivano, ma lui, il portiere senese con il cuore giallorosso, para tutto. Prima si oppone ai colpi di testa di Milito e Thiago Motta, poi al colpo di tacco al volo di Eto’o, uno che fa il terzino, il mediano e l’attaccante.

E quando Curci è battuto, lo salva la traversa (Balotelli in mezza girata). Solo nel primo tempo, anche se l’Inter non sprinta, le palle gol collezionate sono almeno sette. Il Siena é schiacciato, ma quando riesce a mettere la testa al di là della sua metà campo fa paura. Accade al 6’ con un tocco di Ekdal solo solo davanti a Julio Cesar che va a fuori: palla più difficile da sbagliare che da mettere dentro. E al 37’ con un tiro da 30 metri di Maccarone che Julio Cesar respinge. In mezzo a queste occasione e dopo solo maglie nerazzurre che assediano il fortino senese.


Sembra quasi che l’Inter giochi con la convinzione che prima o poi un gol lo farà, ma quando arriva la notizia della Roma in vantaggio almeno sugli spalti la sicurezza sparisce e parte il coro contro la Roma.
Nella ripresa non c’é partita: Mourinho inserisce la quarta punta, Pandev per Thiago Motta. Curci fa ancora in tempo a dire ancora una volta no alla conclusione di Milito prima di cedere. Se Curci interpreta la resistenza del Siena e la voglia della Roma, Zanetti rappresenta l’ardore dell’Inter. Il gol scudetto nasce da una percussione del capitano, palla a Milito e diagonale vincente. Per lo scudetto. Per la festa. Per scacciare la paura. Per la gioia di Moratti e di tutto il popolo nerazzurro.

E una volta in vantaggio fuori Balotelli e dentro Stankovic, fuori Sneijder e dentro Chivu. Ma chi pensa che il resto della partita sia accademia sbaglia: c’é una traversa di Stankovic, un’altra parata di Curci sempre su Milito e soprattutto due incertezze per Julio Cesar, il primo su un tiro cross di Rosi, romanista come Curci, che sfiora il palo e una uscita maldestra del portiere che perde la palla e per sua fortuna nessuno del Siena ne approfitta.

E’ la fine. La fine di un braccio di ferro con la Roma che regala il 18º scudetto con tutto il mondo nerazzurro a far festa in campo mentre Mourinho, solitario, sparisce nel tunnel dello spogliatoio. Lui è così. Ma il popolo interista lo ama e lo acclama. Per i titoli che regala e per quella lacrima che gli ha bagnato la faccia: segno di amore per il mondo interista.