Thailandia, calma dopo l’ultimatum Cresce la speranze di tregua

BANGKOK – L’ultimatum dato ai manifestanti per disperdersi è scaduto e agli stranieri è stato consigliato di non uscire di casa, ma l’esercito thailandese non è passato all’azione contro l’accampamento delle ‘’camicie rosse’’ a Bangkok, dove rimangono sempre meno manifestanti. Mentre gli scontri tra militari e dimostranti esterni all’accampamento – violenze che l’altro ieri hanno coinvolto anche un fotoreporter italiano, ferito lievemente – sono proseguiti anche ieri, seppur con minore intensità, in serata dai sostenitori dell’ex premier Thaksin Shinawatra è arrivato l’invito a cessare il fuoco.

Con il bilancio delle vittime salito a 37 morti e 300 feriti in quattro giorni (67 e quasi 1.700 dall’inizio della protesta), le zone di Bon Kai e Din Daeng hanno costituito anche ieri i principali focolai di violenza, con sporadici lanci di petardi da parte dei ‘’rossi’’ e colpi di arma da fuoco sparati dai cecchini. Proprio a Bon Kai, mentre stava scattando immagini dei manifestanti, l’altro ieri è stato ferito di striscio alla schiena Flavio Signore, romano di 40 anni residente in Spagna: sta bene e sarà dimesso nei prossimi giorni.

Le autorità stimano che 5 mila persone siano ancora asseragliate all’interno della cittadella rossa, ma quella cifra va più verosimilmente dimezzata. Le barricate che delimitano il bivacco nel centro della capitale appaiono deserte; la più estesa, quella opposta al quartiere finanziario di Silom, nel pomeriggio di ieri era avvolta in un silenzio irreale, mentre nei giorni scorsi costituiva la base per molti attacchi esplosivi delle camicie rosse. E’ qui che era stato colpito da un cecchino il generale Khattiya ‘’Seh Daeng’’ Sawasdipol, il leader radicale spirato ieri in ospedale dopo quattro giorni in coma.

I manifestanti rimasti, in sostanza, si concentrano attorno al palco eretto presso la Ratchaprasong Intersection e in un vicino tempio, dove si sono rifugiati in particolare donne e bambini. E’ evidente però che il numero è in calo, anche perchè le varie tende fino a ieri popolate appaiono ora abbandonate, in un mare di spazzatura non raccolta. Tuttavia, parte dei dimostranti potrebbe essere defluita dietro alle barricate di Bon Kai e Din Daeng, dove sono stati eretti nuovi palchi di fortuna dove diverse persone si alternano nel denunciare il primo ministro Abhisit Vejjajiva.

La mancata azione dell’esercito alla scadenza dell’ultimatum è stata poi parzialmente spiegata da Panitan Wattanayagorn, portavoce di Abhisit, che ha annunciato una finestra di tempo supplementare – senza specificarne la durata – per lo sgombero.

Una serie di avvertimenti di non uscire dopo le 15 è stata data agli stranieri, rilanciata via sms dall’ambasciata italiana ai nostri connazionali. Ma nella seconda parte della giornata la situazione è rimasta calma, a eccezione di alcuni scontri a Bon Kai, che hanno provocato alcuni feriti.

Molti stranieri residenti hanno comunque già abbandonato la capitale, o si sono trasferiti da amici in zone lontane da quelle della protesta. Con le autorità che sembrano voler sfiancare i manifestanti rimasti tenendoli sotto la minaccia di un intervento, in serata i leader dei ‘’rossi’’ hanno chiesto al governo un cessate il fuoco, con un appello che formalmente non è stato respinto. Lo stesso Thaksin, dal suo autoesilio, ha esortato le due parti ad ‘’allontanarsi dal bordo dell’abisso e avviare un dialogo sincero e reale’’. Anche nel caso il negoziato portasse a una tregua decisa dall’alto, tuttavia, riportare all’ordine gruppi sparsi di manifestanti sempre più anarchici non sarebbe automatico.