Mourinho per sé, l’Inter per la storia

Ne ha fatta di strada il traduttore di Setubal: ora l’allievo di Barcellona Josè Mourinho ha superato il maestro Louis Van Gaal e quella di oggi per la finale Champions di Madrid, di fronte alla folla multicolore del Bernabeu e alle telecamere di tutto il mondo, è una sfida insieme antica e moderna.

Ci sono due tecnici affini (ma il santone olandese rimprovera all’ex allievo di pensare troppo al risultato e poco al gioco), ci sono due squadre, Inter e Bayern, che hanno fatto la storia del calcio europeo in altre decadi e che aspettano oggi per ristabilire una leadership.

L’Inter spera da 45 anni di tornare in cima dopo la doppietta di Helenio Herrera, il Bayern dopo il tris degli anni ’70 con Beckenbauer, Mueller e Breitner si è imposto solo nel 2001.

Inglesi e spagnoli l’hanno fatta da padroni, intanto, ma quest’anno si sono dovuti inchinare e al Bernabeu
la tifoseria Real, dopo un anno da incubo, spera solo di poter tornare a sognare con la panchina
affidata a Mourinho. Il tecnico portoghese, al passo d’addio, gioca le sue carte con consumata abilità:
Champions col Porto, scudetti a raffica con Chelsea e Inter, ma oggi è l’ora X per dimostrare che è Special
One, poi avanti un’altra panchina. Solo Hitzfeld e Happel hanno alzato due coppe con due squadre
diverse ma l’occasione è ghiotta e forse irripetibile anche per Van Gaal.

L’olandese ha trionfato con l’Ajax
battendo il Milan e poi ha fallito il bis ai rigori con la Juve all’Olimpico. Dopo tanti anni di delusioni, lui
inventore di un modulo tattico-‘ filosofico’ e grande motivatore, non si spaventa per la consistenza della
corazzata nerazzurra che ha estromesso i favoriti Chelsea e Barcellona. Oppone un mosaico armonioso,
non bello ma efficace, che si trasforma in macchina da gol: 116 gol in 52 gare in stagione, scudetto e Coppa
di Germania in tasca.

E domenica a Monaco sarà comunque festa. Van Gaal ha fatto fuori Toni, ha
messo all’angolo Gomez e Klose e ha costruito uno schema d’attacco vincente con Speedy Gonzales Robben
trequartista mancino che flagella le fasce e si accentra, in perfetta simbiosi col ventenne Mueller,
sorpresa stagionale, e il croato Olic, capocannoniere in Champions. Velocità, destrezza, senso del gol per
una squadra che è cresciuta anche con fortuna (il gol irregolare che ha estromesso la Fiorentina, le occasioni
sprecate dal Manchester).

In difesa vigilano gli esperti Van Buyten e De Michelis, a centrocampo macinano chilometri Schweinsteiger e Van Bommel, mentre la grave assenza dello squalificato Ribery, che toglie fantasia, viene tamponata dall’inserimento del turco Altintop, che gode della fiducia della squadra. Mourinho oppone il suo gruppo storico, con il muro difensivo Samuel-Lucio, le incursioni di Maicon, il cuore di
Zanetti, le regia difensiva di Cambiasso e quella offensiva di Sneijder, la duttilità e l’esperienza di Eto’o (già
‘triplettista’ l’anno scorso col Barca) e soprattutto lo spietato opportunismo di Milito, il goleador che ha
fatto dimenticare Ibra, che ha timbrato con le sue splendide reti scudetto e Coppa Italia.

Tra gli altri
motivi, la sfida olandese Robben-Sneijder, frettolosi scarti di un Real sciatto (anche Cambiasso, Samuel
ed Eto’o sono stati scandalosamente trascurati dal club merengue) e la sfida Italia-Germania, evocata
dal Bayern, e che rimanda a tante vittorie azzurre, in primis il 3-1 mundial del 1982 al Bernabeu. Arbitra il
poliziotto inglese Howard Webb, stimato da Mourinho. Massimo Moratti è arrivato venerdì sera a Madrid
coltivando il sogno di una vita: alzare la Coppa 45 anni dopo papà Angelo.

Anche l’Italia che non ama
l’Inter dovrebbe tifarla: oggi è anche uno spareggio per il coefficiente Uefa. Se vince l’Inter per un altro anno,
oltre al prossimo, ci saranno quattro squadre italiane in Champions, altrimenti toccherà alla quarta della
Bundesliga. E il calcio italiano scoprirebbe, in attesa di una difficile conferma al Mondiale, di aver fatto un
passo indietro verso la mediocrità continentale.