Fini non abdica al suo ruolo politico

ROMA – Lo stralcio dei tagli alla cultura chiesto da Sandro Bondi ne è il prologo: difficile pensare, infatti, che le critiche del ministro alla mancata collegialità delle decisioni non fossero state anticipate al premier (e in qualche misura anche condivise). Un altro segnale è ‘’l’attenzione’’ e la ‘’preoccupazione’’ con cui Gianni Letta segue le proteste dei magistrati, prossimi allo sciopero.

Berlusconi, in altre parole, appare orientato a non impedire modifiche d’aula della Finanziaria; l’unico muro invalicabile è il saldo finale della manovra da 24 miliardi: ma all’interno di questo perimetro, è possibile discutere, venire incontro alle esigenze delle categorie e dei ministeri. Con un positivo ritorno d’immagine sul piano del dialogo con opposizione e parti sociali.

Una strategia concordata con il ministro dell’Economia? E’ possibile piuttosto che il Cavaliere voglia recuperare a palazzo Chigi la piena regia politica della Finanziaria che ha creato molti scontenti nella stessa maggioranza, ridimensionando per questa via l’immagine troppo decisionista del Tesoro. Ma senza rischiare un replay dello scontro che portò nel 2005 alle dimissioni di Tremonti dopo l’estenuante braccio di ferro con Fini.

Si tratta di mosse molto delicate, all’interno delle quali è impossibile pesare preventivamente le linee di forza. Tremonti è appoggiato senza riserve da Umberto Bossi, ma si capisce che non è interesse della Lega trasformare un’alleanza tattica in un asse strategico che potrebbe incrinare il ruolo di garanzia di tutto il centrodestra ricoperto da Berlusconi. Allo stesso modo Gianfranco Fini non ha interesse ad essere trasformato nell’anti-Tremonti. Il presidente della Camera condivide i dubbi di Roberto Formigoni sulla sostenibilità del federalismo fiscale in un momento così grave di recessione, e il fedelissimo Italo Bocchino nota come le critiche di Bondi alla crisi di collegialità non facciano che confermare i dubbi già espressi dal capo della destra sul ruolo del Pdl, ma ciò non significa che Fini sia disposto a risolvere il problema interno del premier.

Lo dimostra il modo irrituale con cui Fini ha sollecitato il centrodestra a riflettere ancora sul provvedimento per le intercettazioni: ha fatto sapere di ritenerne irragionevole l’ applicabilità ai procedimenti in corso e che alla Camera sarà comunque possibile modificarlo, sebbene si fosse prossimi al rinvio in commissione.

Per Renato Schifani si è trattato di una vera e propria ingerenza, ai limiti della crisi istituzionale: il presidente del Senato ha ribattuto gelido di non avere mai interferito con i lavori dell’altro ramo del Parlamento, anche per rispetto al ruolo di terzietà dei presidenti delle Camere. Ma è proprio su questo fronte che Fini fornisce un’ interpretazione dinamica della sua carica lontana da quella dei predecessori: invita Schifani a non far finta di non sapere che lui è uno dei due fondatori del Pdl, e sottolinea di non voler abdicare a questo ruolo politico duale, soprattutto in tema di legalità e di unità nazionale. Un modo abbastanza esplicito per far capire al governo che non si può pensare di scavalcare costantemente la funzione parlamentare con la decretazione d’ urgenza (problema sollevato più volte anche dal capo dello Stato) e che occorrerà sempre fare i conti con le Camere.

Si è riaperto il braccio di ferro dei ‘’cofondatori’’? Non proprio. La crisi economica internazionale induce piuttosto tutti i protagonisti a un riposizionamento in cui occorre guardare a nuovi equilibri. In questo scenario è palpabile una certa preoccupazione della Lega per le sorti del federalismo i cui costi potrebbero risultare insostenibili nella prima fase (di qui la richiesta di procedere a tappe forzate al varo entro l’estate di tutti i decreti attuativi), e poi la necessità del Cavaliere di rassicurare i mercati (il vero giudice finale) sul taglio strutturale della spesa pubblica. Su questo terreno si preannuncia un confronto infuocato in Parlamento, con il Pd che parla di una manovra concepita per sanare due anni di errori del governo. Napolitano invita tutti