Gli attivisti italiani “Siamo stati picchiati”

Sono rientrati tutti in Italia, chi al mattino chi nel primo pomeriggio. Finisce così l’esperienza dei sei italiani coinvolti nel blitz delle forze armate israeliane contro la “flottiglia di pace” che voleva portare aiuti umanitari a
Gaza. Manuel Zani, videomaker di 30 anni, è arrivato nella capitale con un volo della Turkish Airlines da
Istanbul, sempre dalla capitale turca, Angela Lano, Giuseppe Fallisi e Ismail Abdel-Rahim Qaraqe Awin
sono partiti con destinazione Milano, mentre Marcello Faraggi è per Bruxelles.

Nelle prime dichiarazioni
degli attivisti italiani rilasciati dopo esser stati trattenuti in stato di fermo nella prigione israeliana di Beer
Sheva non c’è solo rabbia e voglia di denunciare quello che è accaduto, ma anche la determinazione di chi crede in una battaglia umanitaria fatta “da persone normali e non da terroristi”.

L’italo palestinese Ismail Abdel- Rahim Qaraqe Awin ribadisce che ”abbiamo fatto questo sacrificio per la gente di Gaza, per quel milione e mezzo di palestinesi che sono in galera. Vogliamo farlo ancora. Vogliamo che il governo italiano e di tutti i Paesi del mondo capiscano”.

Manuel Zani, invece, ricorda il momento del blitz e dice che “l’assalto dei soldati israeliani che si sono avvicinati alla nostra nave a bordo dei gommoni sembrava una scena di ‘Apocalypse now”’, mentre Giuseppe Fallisi denuncia:” Siamo stati picchiati dalla polizia, prima sulla
nave dai militari e poi ancora all’aeroporto di Tel Aviv’,’ e la giornalista torinese Angela Lano sottolinea:
“”Siamo stati rapiti, sia sulla nave che in prigione, dove non avevamo nessun tipo di diritto: non potevamo
fare telefonate, chiamare i nostri avvocati”.

Su quanto accaduto il ministro degli Esteri Franco Frattini riferirà il 9 giugno alle Commissioni esteri di Camera e Senato, ma nel corso di un’informativa urgente alla Camera sulla vicenda del raid israeliano alla Freedom Flottilla il sottosegretario agli Esteri Vincenzo Scotti ha già spiegato con chiarezza la posizione italiana: “E’ necessario e doveroso che siano accertate tutte le responsabilità” nell’operazione militare israeliana, ha detto Scotti, auspicando, in sintonia con l’Onu, un’inchiesta ”rapida, completa, imparziale e credibile”.

Inchiesta che però, secondo il governo italiano,
non deve essere necessariamente internazionale: “Israele è un Paese democratico in grado di condurre
un’inchiesta indipendente”, ha affermato il sottosegretario a Montecitorio, ribadendo le ragioni del voto contrario dell’Italia alla risoluzione, approvata dal Consiglio dell’Onu per i diritti umani, che chiede una
”missione di inchiesta internazionale”.

Durante il suo intervento alla Camera, il sottosegretario Scotti ha
evidenziato la ”condanna unanime” per ”l’uso della forza che è stato percepito come sproporzionato” nell’opinione pubblica mondiale e ha sottolineato come il governo italiano condivida ”senza riserve” la
condanna dell’Unione europea dell’azione militare.

Secondo Scotti, poi, l’operazione delle forze israeliane
contro la Freedom Flotilla ”appare viziata da errori operativi e di pianificazione”, ed è invece molto
apprezzabile in questo momento la ”posizione pragmatica” assunta dal presidente egiziano Hosni Mubarak, che ha deciso do riaprire il valico di Rafah: ”una valvola di sfogo per una situazione che può divenire incontrollabile”. Da parte sua, il sottosegretario agli Esteri Stefania Craxi, ha espresso piena sintonia tra Italia e Stati Uniti nel tentare di superare in fretta il “danno diplomatico” provocato dall’operazione militare israeliana: bisogna “continuare a lavorare – ha spiegato Craxi dopo il suo incontro di ieir con l’emissario di Barack Obama in Medio Oriente, George Mitchell – per portare avanti quei colloqui indiretti avviati all’inizio di
maggio grazie alla mediazione della Casa Bianca, con l’obiettivo di arrivare a dei colloqui diretti tra israeliani
e palestinesi”.