Una conferenza internazionale per salvare il continente nero

I conflitti in Africa e la loro prevenzione è il tema principale della conferenza internazionale sull’Africa, organizzata dall’Istituto per gli studi di politica internazionale (Ispi) e il ministero degli Affari esteri, che si è svolta ieri alla Farnesina.

L’incontro è stato anche la prima occasione per la Banca mondiale di presentare i risultati preliminari del World Development Report del 2011. Secondo i primi dati dello studio ancora alle prime fasi, tre quarti dei bambini che perdono la vita prima dei cinque anni di età e delle donne che muoiono di parto si trovano in paesi colpiti da un conflitto.

“Questi paesi – ha commentato il direttore del rapporto, Sarah Cliffe – sono anche quelli che hanno maggiore difficoltà a raggiungere gli obiettivi del
millennio”. E dagli anni ’90 in poi, i conflitti sviluppatisi nei paesi africani sono proseguiti anche dopo i formali
accordi di pace, come è successo in Congo: “non c’è una transizione lineare da guerra a pace”, spiega la
Cliffe.

“La soluzione dei conflitti – ha proseguito – è data da un senso di maggior sicurezza dei cittadini,
ma è importante equilibrare le riforme con le dinamiche interne di potere, dando il tempo necessario
per arrivare a un governo stabile”. “Bisogna essere cauti nella tempistica – ha aggiunto – e nell’ordine
delle riforme”. “Costa meno intervenire oggi per mantenere la pace – ha detto il direttore della delegazione
generale dei paesi dell’Africa Sub Sahariana del ministero degli Esteri, Giuseppe Morabito – piuttosto
che intervenire a conflitti iniziati” anche se, secondo Morabito, ancora oggi si preferisce agire solo
nel secondo caso.

Dello stesso avviso il direttore dell’Osservatorio Africa dell’Ispi, Giampaolo Calchi
Novati che ha dichiarato: “Il conflitto è un ostacolo allo sviluppo e alla democrazia” anche se il “pensiero
diffuso è quello secondo il quale la guerra risolve i problemi e i gruppi dirigenti si sono adattati al metodo
del conflitto”. Sull’importanza per l’Occidente di cambiare ottica si è soffermato Morabito: “Non dobbiamo
più porci – ha detto – come coloro da cui l’Africa ha tutto da imparare. Dare soldi non significa dare
anche soluzioni”.

A chi dice che Africa è sinonimo di corruzione risponde: “E’ un mito da sfatare” e che
spesso rallenta gli investimenti nel continente da parte degli imprenditori stranieri, soprattutto quelli
italiani “che sono ancora troppo timidi”. “Non sono solo i conflitti a generare il sottosviluppo, ma spesso
sono il sottosviluppo e la fragilità che creano conflitti”, ha affermato il presidente dell’Ispi Boris Biancheri
che ha moderato la prima parte dei lavori.

“Oggi c’è una nuova consapevolezza – ha proseguito
Biancheri – siamo a una svolta e siamo noi ad aiutare questa svolta. Ma l’aiuto da solo non basta se non c’è
dietro una forte volontà di collaborazione”. Secondo Debay Tadesse, senior researcher all’Institute for
Security Studies di Addis Abeba, “la minaccia dei conflitti va controllata attraverso l’istruzione e l’equità
sociale” e tra le soluzioni per mantenere la sicurezza secondo Tadesse c’è la creazione di “sistemi permanenti
e un approccio integrato di partnership e collaborazioni”.

Non si parla invece di pace e sicurezza
negli obiettivi del millennio secondo Bartholomew Armah, funzionario dell’Undp/Bcpr, secondo
cui “i conflitti indeboliscono il capitale umano con decessi, malattie ed emigrazione”.