Voto di fiducia in Senato, tutto secondo copione

ROMA – Non è nuova la scelta della fiducia posta dal governo per sbloccare l’approvazione del provvedimento; e non sono nuove, complessivamente, le reazioni delle opposizioni, con l’Idv che occupa l’aula del Senato, chiede al capo dello stato di non firmare e preannuncia comunque un referendum, il Pd che confida in prima battuta nella Corte costituzionale, e l’Udc che si rammarica per non essere riuscita a far passare le proprie proposte di modifica ma si augura che vada meglio la prossima volta.


Un po’ meno ricorrente, ma non senza precedenti, è la scelta del Pd di non partecipare al voto per drammatizzare il proprio dissenso. Mentre il capo dello stato conferma che sulla promulgazione si atterrà agli stessi criteri di sempre di rispetto della Costituzione, al di là di quello che dicono i ‘’professionisti della richiesta di non firmare’’. Quello che resta da capire è se il ripetersi dello stesso copione sia frutto di un sostanziale immobilismo della scena politica, o se qualcosa si sta muovendo sotto la superficie, in particolare nella maggioranza; anche perchè alcuni indizi, come la doppia sconfitta alla Camera sulla sanità, confermano che l’aria che tira non è quella dei giorni migliori.


Se le dichiarazioni ufficiali del Pdl sulle intercettazioni, come l’intervento in aula del capogruppo Maurizio Gasparri ed il commento del ministro Angelino Alfano, sono di soddisfazione per il risultato ottenuto, dalle seconde fila del Pdl emergono i motivi di scontento uguali e contrari dei finiani, che avrebbero voluto modifiche più radicali, e del corpo del partito, più vicino all’idea espressa da Berlusconi per cui la legge avrebbe dovuto essere ben più incisiva. Con il risultato che i finiani temono di essere la ‘’foglia di fico’’ di un’operazione non condivisa (come lamenta la fondazione Fare Futuro) ed avanzano altre richieste di modifica alla Camera (Fabio Granata solleva il problema delle indagini sulla mafia), mentre i berlusconiani considerano eccessive le concessioni alla minoranza (come dice Giancarlo Lehner) ed avvertono che se i finiani pensano di ritoccare ancora il testo, allora salta tutto il compromesso (è la risposta di Luigi Vitali a Granata).


In definitiva, il risultato creato dal voto di fiducia al Senato corrisponde al quadro preannunciato nei giorni scorsi dallo stesso Silvio Berlusconi, quando aveva affermato che il disegno di legge non realizzava compiutamente gli impegni di programma del Pdl, ma che era arrivato il momento di chiudere questa partita e portare a casa il risultato che è stato possibile ottenere. Intanto, il presidente del consiglio ha già trovato una nuova bandiera da alzare, e cioè la libertà di impresa e della modifica della Costituzione, in particolare dell’articolo 41 considerato di ostacolo, e non più di garanzia, per questo principio.


Una riforma che Berlusconi ha promesso al mondo della piccola impresa e dell’artigianato, che spera di vedersi alleggerire per questa via dal peso della burocrazia (se non di quello del fisco, per il quale non ci sono margini di bilancio).