Pomigliano, ora c’è il rischio della chiusura

POMIGLIANO D’ARCO – Il timore che la chiusura sia vicina ormai si fa sempre più largo tra le migliaia di lavoratori dello stabilimento Fiat di Pomigliano d’Arco (Napoli), che adesso attendono con ansia la decisione dei vertici aziendali sulla possibilità di chiudere un accordo separato, o di andare a referendum per poter decidere da soli il proprio futuro occupazionale. Una posizione, quella della Fiom, che, dicono alcuni esponenti delle altre sigle, rischia di creare una spaccatura anche tra gli stessi operai, divisi tra la possibilità di continuare a lavorare, ma alle condizioni dettate dall’azienda, e la chiusura paventata solo qualche giorno fa dall’ad Sergio Marchionne, che auspicava l’intesa unitaria dei sindacati per poter investire i 700 milioni di euro per avviare la produzione della nuova Panda.


– Spero che l’azienda firmi lo stesso – dice con ottimismo Paola Fragiello, una delle operaie addette al modello Alfa 159 – in modo che si riprenda a lavorare al più presto. I soldi sono pochi: fortunatamente non sono sposata, e lo dico solo perchè altrimenti non saprei come fare, visto che il lavoro è pochissimo. A questo punto mi chiedo perchè la Fiom tiri tanto la corda visto che la maggior parte degli operai spera in un’intesa.


Un altro operaio, Ciro D’Alessio, invece, difende la posizione della Fiom, sostenendo che non ha fatto altro che ‘’fare il sindacato’’.
– Sta tutelando i nostri diritti – spiega – La Fiom va rispettata, in quanto noi operai vogliamo lavorare, ma desideriamo anche che qualcuno tuteli i nostri diritti, che non vanno toccati. La decisione del comitato centrale è quella giusta, e lo vorrei ricordare soprattutto agli altri sindacati.


Ciro, inoltre, ricorda che a Pomigliano la paura di una chiusura c’è sempre stata.
– Sono 32 anni che lottiamo per tenerci il lavoro in questa fabbrica – afferma.
Non manca chi, come Luigi, Antonio e tanti altri lavoratori, preferiscono dare solo il nome, per paura di ritorsioni da parte dell’azienda, o dei sindacati.
– Nessuno ha reale interesse a firmare l’accordo – sostiene Luigi – ci trattano come se non esistessimo. Vengono in fabbrica, ci riempiono di parole, dicono che sono con noi e poi firmano accordi capestro, che ci tolgono ogni diritto umano e contrattuale. Vengano loro a lavorare sulla catena di montaggio così come vuole l’azienda.


I vari rappresentanti sindacali in fabbrica, difendono le posizioni delle rispettive sigle, come Mario Di Costanzo, rsu Fiom, il quale sostiene che l’azienda domani potrebbe chiudere l’accordo in cinque minuti.
– Se vuole la Fiom firma – sostiene – in quanto attenendosi al contratto nazionale ed alla Costituzione, il sindacato non ha alcuna difficoltà ad accettare gli altri termini dell’accordo. Mercoledì, intanto, faremo un’assemblea pubblica per spiegare le ragioni del no ai lavoratori.
Aniello Pirozzi, rsu Fismic, afferma, invece, che ‘’domani si torna a Roma con la stessa responsabilità mostrata la scorsa settimana’’.


Preoccupazione sul futuro la esprime anche Gerardo Giannone, della Fim: ‘
– Se l’accordo salta la responsabilità negativa ricade sulla Fiom, che non capisco come mai dica ancora no.
Dal canto suo, il segretario generale della Fiom, Maurizio Landini, al termine del comitato centrale dei metalmeccanici della Cgil ha spiegato:
– Se la Fiat intende mantenere la posizione del documento, il comitato centrale all’unanimità non considera possibile che quel testo venga firmato perchè continua a mantenere dei profili di illegittimità giuridica sia sugli orari che sulla malattia ed in termini di diritto allo sciopero. Non comprendiamo che Fiat per fare investimenti voglia far passare l’idea che bisogna cancellare i contratti e le leggi. Per questo la Fiom propone alla Fiat di applicare il contratto nazionale del lavoro, in questo modo potrebbe essere possibile valutare un’intesa già da domani.
Landini, infine, ha detto che la Fiom comunque sarà presente all’incontro convocato domani per le 14 da Fiat in Confindustria.