La cavalcata travolgente dell’Olanda

ROMA – Due finali della Coppa del mondo, ‘zero tituli’, per dirla alla Mourinho. Sui campi sudafricani, l’Olanda, arrivata in semifinale con la storica vittoria di venerdì sul Brasile, cercherà di sfatare questo infelice tabù che l’ha vista protagonista in più d’una fase finale dei Mondiali, al termine delle quali non è mai riuscita a portare a casa alcun successo finale.


Nella bacheca della Koninklijke Nederlandse Voetbal Bondpicca (la Federcalcio olandese, che ha sede a Zeist, nella provincia di Utrecht), infatti, solo un titolo europeo: quello conquistato nel 1988 a Monaco di Baviera in finale contro L’Urss. Strano per una squadra che, con il proprio modo d’interpretare il calcio, ha rotto gli schemi, rivoluzionando ogni concetto o strategia tattica.


L’Arancia meccanica che Rinus Marinus Michels allestì nel Mondiale del ‘74, e che faceva leva sull’estro di Johan Cruijff, era una macchina quasi perfetta. Esibì davanti al mondo intero il cosiddetto ‘calcio totale’, una confusione organizzata di ruoli secondo un preciso scopo: quello di togliere il fiato, l’iniziativa, ogni velleità a qualsiasi avversario.


Tattica a parte, l’Olanda che diede spettacolo nel ‘74, segnando un’epoca, era anche una squadra molto dotata tecnicamente, formata di calciatori fortissimi (e non solo atleticamente) in ogni reparto: gente come Rensenbrink, Krol, Van Hanegem, Rep, Neeskeens, Haan, Suurbier, hanno vinto dovunque, divenendo in talune circostanze uomini-simbolo (Rensenbrink nell’Anderlecht, Rep nel Bastia, due esempi su tutti).
Quell’Olanda fece di tutto per meritare la prima Coppa del mondo Fifa, che nel ‘74 aveva sostituito la Coppa Rimet assegnata nel ‘70 definitivamente al Brasile per via delle tre vittorie, ma non fece i conti con la Germania Ovest, che il Mondiale in casa propria non voleva proprio farselo sfuggire.


L’Olanda, nella finale di Monaco di Baviera, dopo essere andata in vantaggio in un solo minuto, forse credette di poter vincere a mani basse, ma subì il ritorno dei tedeschi e s’inchinò. Gli Orange bissarono il secondo posto ad Argentina ‘78 ed anche in quell’occasione vennero sconfitti dalla Nazionale di casa, trascinata dal pubblico, dal regime militare instaurato da Jorge Rafael Videla e dai gol di Mario Alberto Kempes.


I tulipani, però, anche in quella circostanza, non fu baciata dalla fortuna: un palo colpito da Rensenbrink, con il portiere Fillol battuto quasi al 90’, infatti, grida ancora vendetta. In Sudafrica, l’Olanda ha ripreso a stupire, schierando tutti i suoi assi, Sneijder a Robben per citarne solo due. Dopo aver dato una straordinaria prova di forza nelle qualificazioni a Sudafrica 2010, vincendo tutte le partite del proprio gruppo, ha continuato a passo di carica, travolgendo tutte le avversarie: nel girone eliminatorio, 2-0 alla Danimarca, 1-0 al Giappone, 2-1 al Canerun. Poi, 2-1 alla Slovacchia; infine ieri, ai quarti, 2-1 nientemeno che al Brasile di Kakà e Robinho.


Il ct Lambertus Van Marwijk, un ex centrocampista che dopo gli Europei del 2008 ha sostituito Marco Van Basten sulla panchina dei Tulipani, ha valorizzato il potenziale tecnico a disposizione e soprattutto registrato la difesa.
La Nazionale olandese sembra ricalcare le orme del calcio totale, grazie anche alla presenza in squadra di alcuni calciatori di assoluto livello: i fantasisti Robben e Sneijder danno sostanza ad una manovra avvolgente e veloce. Ma non solo: l’adattabilità di altri giocatori, come l’esperto Van Bommel, garantiscono costanza di rendimento e fanno quadrare il cerchio.