Israele e Turchia, adesso è gelo

Si inasprisce la crisi tra Israele e Turchia per il raid contro la flottiglia che trasportava aiuti umanitari
a Gaza, che il 31 maggio causò la morte di nove attivisti. Giorni fa il premier israeliano Benjamin Netanyahu
aveva ribadito che il suo governo non presenterà scuse formali ad Ankara. Ieri è arrivata una ferma risposta dal governo turco: il ministro degli esteri Ahmet Davutoglu ha annunciato che Ankara romperà le relazioni in caso di mancate scuse e ha annunciato la chiusura degli spazi aerei turchi ai voli militari israeliani.


“Le relazioni saranno troncate se Israele non si scuserà e se non accetterà le conclusioni di una inchiesta internazionale sull’attacco del 31 maggio”, ha avvertito Davutoglu. “Se la commissione di inchiesta istituita da Israele stabilirà che il raid fu ingiusto e Israele si scuseranno, sarà sufficiente”, ha chiarito il ministro.

La Turchia minaccia di chiudere anche gli spazi aerei ai voli civili israeliani. Non solo: il capo della diplomazia di Ankara ha minacciato di chiudere gli spazi aerei turchi anche ai voli civili israeliano. Israele non ha fatto una piega. “Non chiederemo mai scusa per il raid”, ha ribadito l’ufficio di Benjamin Netanyahu. “Naturalmente
siamo dispiaciuti per la perdita di vite umane ma non siamo stati noi a cominciare a usare la violenza”, ha aggiunto in portavoce del premier, spiegando che “quando si desidera avere della scuse non si usano minacce o ultimatum”.

Mentre si accentua lo scontro diplomatico tra Israele e Turchia, Netanyahu è atteso oggi alla Casa Bianca da Barack Obama. Un incontro a cui sono affidate le speranze di una ripresa del dialogo diretto tra israliani e palestinesi. Sulle quali pesa però una data che si avvicina rapidamente: il 26
settembre, giorno della scadenza del congelamento della costruzione dei nuovi insediamenti per coloni in Cisgiordania.

Il quotidiano Haaretz ha calcolato che saranno almeno 2.700 le nuove case per coloni che saranno costruite in Cisgiordania. Sono progetti autorizzati prima dell’inizio del blocco disposto da Netanyahu.
Ma il ministero della Difesa ne dovrà approvare di nuovi. E sembra che i Consigli regionali della Cisgiordania
non vogliano perdere tempo. Quello di Shomron ha sul tavolo un progetto per la costruzione di 800 unità abitative. Il presidente ha inviato lettere per preparare “la concessione di permessi per costruire, stilare progetti e inviarli ad dipartimento di ingegneria per l’ispezione”. “Abbiamo poco tempo e c’è tanto da fare, dobbiamo rilasciare immediatamente le autorizzazione e permettere la costruzione dei nuovi insediamenti
non appena scadrà il congelamento”, ha aggiunto.

Anche il Consiglio reginale di Oranit ha previsto la costruzione di 600 nuove unità, in parte autorizzate prima del congelamento. E questi sono solo i progetti più ampi.