LeBron ha scelto: giocherà a Miami

La sua favola è di quelle da ‘c’era una volta in America’ e comincia fin dal suo soprannome:
‘il Prescelto’. Perché come il piccolo Skywalker in Guerre Stellari, LeBron James fin da bambino si è abituato
portare sulla sua pelle questo soprannome al punto da averlo tatuato sulla schiena: ‘The Chose One’,
colui destinato a raccogliere l’eredità di Michael Jordan.

E ora il destino si è compiuto: ‘King James’ giocherà con i Miami Heat di Dwyane Wade e Chris Bosh. Non ha reso noto i termini del contratto. Nato
ad Akron, in Ohio, il 30 dicembre del 1984, LeBron è cresciuto senza sapere chi fosse suo padre (i media
americani lo hanno individuato in un ex carcerato, Anthony McClelland, che non ha mai avuto rapporti
con lui). È stato messo al mondo da Gloria James, una ragazza-madre di Akron rimasta incinta all’età
di 16 anni, senza lavoro e a sua volta senza famiglia. “Non avevamo neppure una casa, ci sono state
volte in cui mi svegliavo al mattino senza sapere dove avremmo passato la notte” ha confessato lei in ‘More
than a Game’, il film-biografia che, profeticamente, è stato girato su Lebron dai suoi 8 ai suoi 18 anni. Quel
bambino aveva qualcosa di speciale, ma non ce l’avrebbe fatta se non lo avesse notato Frankie Walker, un
allenatore di football giovanile di Akron. Che convinse Gloria a lasciargli il piccolo LeBron affinché potesse
frequentare regolarmente la scuola insieme ai suoi tre figli. E alle elementari LeBron scoprì il basket.

Era
così bravo che grazie al suo talento potè approdare alla St.Vincent -St.Mary High School di Akron., la scuola
diventata per lui casa, famiglia, carriera, successo. A distanza di dieci anni da allora, LeBron James è oggi
il giocatore di basket più amato d’America. I tecnici si sono divertiti a ‘misurare’ il suo Q.I. applicato al
basket, ed è risultato di gran lunga il più alto della Nba.

Miglior giocatore nel 2009 e nel 2010, vanta statistiche da brivido: una media di 29 punti a partita nell’arco di 7 anni, senza contare assist e rimbalzi.
Ma dopo sette stagioni a Cleveland ‘King James’ vuole ora il grande salto verso quel titolo che non
ha mai vinto.

“Miami mi è sembrata la migliore opportunità per cominciare a vincere subito” ha detto comunicando in diretta televisiva all’America la sua decisione. Gli episodi mirabolanti che hanno costellato
la sua carriera sono stati a decine. Su tutti, vale questo: nel 2007 nella finale della East Conference contro
i Detroit Pistons (poi vinta da Cleveland 109- 107), James segnò 29 degli ultimi 30 punti, 25 dei quali nei due tempi supplementari. Più che un uomosquadra, una squadra intera. Solo Michael Jordan prima di lui era stato capace di far vedere qualcosa di analogo. Non a caso è King James un modello di riferimento per lo stesso presidente Obama. È stato proprio Obama a rivelarlo. Nel 2004, alla Convention democratica di Boston, l’allorasconosciuto Barack Obama si stava accingendo dietro le quinte a tenere il discorso più importante
della sua vita quando i giornalisti,vedendolo così calmo, gli chiesero se non si sentisse emozionato. Lui,
strizzando l’occhio, rispose: “No. Credo di saper giocare a questo livello. Chiamatemi LeBron”.