Export in leggera flessione la quota italiana è al 3,3%

La quota di mercato delle esportazioni italiane in valore mostra, nel 2009, una lieve flessione
rispetto all’anno precedente (pari a 0,1 punti percentuali), attestandosi al 3,3 per cento. Il calo del valore
delle importazioni (-22,6 per cento) è di maggiore intensità rispetto a quello delle esportazioni (-21,2 per
cento).

La forte flessione del valore dei flussi commerciali deriva da decrementi sia dei valori medi unitari sia dei volumi; per le esportazioni al netto calo dei volumi (-19,7 per cento) è associata una flessione più contenuta dei valori medi unitari (-1,9 per cento), mentre per le importazioni sia i primi sia i secondi segnano rilevanti decrementi (rispettivamente -13,9 per cento e -10 per cento).

Nel 2009 il disavanzo della bilancia commerciale dell’Italia è migliorato di poco meno di 8 miliardi di euro (-5,055 miliardi di euro rispetto ai – 13,035 miliardi dell’anno precedente), influenzato dalla riduzione del prezzo dei prodotti petroliferi; la bilancia commerciale al netto dei prodotti energetici segna un attivo di 36,6 miliardi di euro, rispetto ai 46,5 miliardi del 2008. È il quadro che emerge dalla dodicesima edizione dell’annuario “Commercio
estero ed attività internazionali delle imprese”, realizzato congiuntamente dall’Istat e dall’Istituto per il
commercio estero (Ice) nell’ambito di una collaborazione ormai consolidata che riguarda lo scambio di
informazioni statistiche e la ricerca sul tema dell’internazionalizzazione dell’economia italiana.

Nell’annuario si sottolinea come, secondo stime preliminari di fonte internazionale, il commercio mondiale di
beni registra, nel 2009, un decremento in valore del 24,7 per cento, dovuto a rilevanti flessioni sia dei
volumi (-12,2 per cento), sia dei valori medi unitari (- 12,1 per cento). Tornando alla nostra economia, le
aree geografiche verso le quali si registrano i disavanzi commerciali più ampi sono l’Asia orientale (-
10,909 miliardi di euro), l’Africa settentrionale (- 8,539 miliardi), l’Ue (-2,295 miliardi), l’Asia centrale (-
429 milioni).

I saldi positivi maggiori si rilevano verso America settentrionale (+8,532 miliardi di euro),
Medio Oriente (+3,044 miliardi) e Oceania (+1,790 miliardi). In attivo, anche se in misura più contenuta,
i saldi commerciali dell’Italia verso America centromeridionale (+1,696 miliardi) e paesi comunitari non
appartenenti all’area dell’euro (+529 milioni).

Secondo Urso per migliorare la nostra capacità di
penetrazione nei mercati esteri “dobbiamo rafforzare le istituzioni preposte all’internazionalizzazione. Per
questo – aggiunge-mi è parso un grave errore perdere l’occasione della manovra economica per riformare
gli enti preposti”. Così non è stato perché, aggiunge, “hanno vinto ancora una volta le burocrazie, che
sono per loro natura conservatrici, mentre il Paese – prosegue – chiede strumenti più efficaci ed efficienti per
le imprese italiane che operano all’estero”.

Il vice ministro allo Sviluppo economico ha ricordato: “Sono
sette in Italia gli enti preposti all’internazionalizzazione” e l’obiettivo è quello di accorparli “in un’unica Spa
a controllo pubblico”. Dal momento che nella manovra non sono contenute disposizioni in tal senso “proseguiremo – afferma Urso – con le deleghe che ci ha dato il Parlamento, ma lo faremo ovviamente in
tempi più lunghi: quelli previsti dal percorso parlamentare”.

“È vero che si poteva fare di più e meglio –
conclude Urso -, ma noi non demordiamo, non ci arrenderemo alle burocrazie conservatrici che vogliono
mantenere lo status quo perché siamo consapevoli che proprio le esportazioni sono l’unico strumento di
crescita dell’economia italiana”. Considerando il complesso di prodotti di maggiore rilevanza per le
esportazioni nazionali, variazioni particolarmente negative si registrano per ferro, ghisa e acciaio di
prima trasformazione e ferroleghe (-49,7 per cento), prodotti petroliferi raffinati (-39,8 per cento), macchine
e apparecchi di sollevamento e movimentazione (-35,3 per cento), altre parti ed accessori per autoveicoli (-
34,2 per cento) e tubi, condotti, profilati cavi e relativi accessori in acciaio (-34 per cento).

Flessioni molto contenute riguardano invece aeromobili, veicoli spaziali e relativi dispositivi (-3,4 per cento), vini di uve (-4,7 per cento) e altre pompe e compressori (-6,8 per cento). Dal lato delle importazioni, fra i principali prodotti acquistati dall’estero le flessioni più significative rispetto all’anno precedente riguardano ferro, ghisa e acciaio di prima trasformazione e ferroleghe (- 57,6 per cento), rame (-40,8 per cento), petrolio greggio (-39,9 per cento) e prodotti petroliferi raffinati (-29,9 per cento).

Incrementi delle importazioni si rilevano invece per: energia (+26,1 per cento), prodotti di elettronica di consumo audio e video (+14,5 per cento), medicinali e preparati farmaceutici (+10,8 per cento) e prodotti farmaceutici di base (+7,2 per cento). Considerando la provenienza territoriale delle merci esportate si rileva che, nel corso del 2009, il 40,5 per cento delle esportazioni ha origine dalle regioni nordoccidentali dell’Italia, il 31,3 per cento da quelle nord-orientali, il 15,6 per cento dalle regioni centrali, il 7,3 per cento dal meridione e il 3,3 per cento dalle isole.