Cresce il divario tra Nord e Sud

ROMA – Le conseguenze occupazionali della crisi non si sono ancora completamente esaurite. A dirlo è il ‘Rapporto sul mercato del lavoro 2009’ del Cnel, curato da Carlo Dell’Aringa, economista all’Università Cattolica di Milano e presidente Ref (Ricerche per l’economia e la finanza), e presentato a Roma. Secondo il rapporto, in Italia, la domanda di lavoro, in termini di unità di lavoro standard da contabilità nazionale, si riduce nel 2010 dell’1,4% anche se la contrazione degli occupati resta ancora meno pronunciata (-0,4%).

Secondo il Cnel, in presenza di una moderata ripresa nella crescita delle forze di lavoro (+0,6%), si stima che nella media dell’anno il tasso di disoccupazione si posizionerà all’8,7%, e cioè due punti e mezzo al di sopra del valore toccato nel 2007, prima che arrivasse la crisi.


Crisi che induce allo scoraggiamento. Secondo il rapporto, fatte alcune eccezioni, «si è osservata una generale riduzione della propensione a partecipare al mercato del lavoro in concomitanza con una caduta dell’attività produttiva». Caduta della partecipazione che è stata «trasversale ai generi, ai titoli di studio e alle classi di età».

In altre parole, si è osservato in misura crescente il fenomeno dello scoraggiamento: all’aumentare delle difficoltà a trovare un’occupazione, gli individui scoraggiati, secondo il Cnel, rinunciano a cercare lavoro, uscendo così dal mercato del lavoro. In particolare, il passaggio è stato verso l’area di inattività più distante dal mercato del lavoro. Gli inattivi, infatti, sono un aggregato piuttosto eterogeneo.
Si amplia sempre più il divario occupazionale tra Nord e Sud del Paese. Secondo il rapporto, infatti, benché il calo dell’occupazione non abbia risparmiato alcuna area, la sua intensità è stata particolarmente marcata nel Mezzogiorno. Mentre nel Centro-Nord il numero di occupati si è ridotto dell’1%, nel Sud la riduzione è stata del 2,9%.

In termini assoluti, i posti di lavoro persi nel Centro-Nord sono stati 172mila, a fronte di una perdita di oltre 188mila posti nelle regioni meridionali. Considerando inoltre che gli occupati del Mezzogiorno costituiscono poco più di un quarto (il 27,4% nel 2009) dell’occupazione totale, è evidente, secondo il rapporto Cnel, «come quest’area abbia subito in misura più che proporzionale gli effetti del deterioramento del mercato del lavoro».

Aumenta ancora anche il divario di offerta di lavoro tra il Nord e il Sud del Paese. Secondo il rapporto, infatti, nel corso del 2009 l’offerta di lavoro nel Centro-Nord è cresciuta, seppur a tassi modesti rispetto ai ritmi tenuti nel decennio precedente. L’incremento è stato infatti dello 0,3%, dato dalla crescita dello 0,7% rilevata nel Centro e dall’andamento di sostanziale stabilità del Nord (+0,2% rispetto all’anno precedente).
Secondo il Cnel, dal 2003 si è evidenziato un andamento divergente del Mezzogiorno rispetto al Centro-Nord. L’offerta di lavoro al Sud è, infatti, andata riducendosi, mentre nelle regioni centro-settentrionali si è registrato un incremento deciso dell’offerta (almeno fino al 2008), grazie anche al forte incremento demografico per effetto delle ondate di regolarizzazioni degli stranieri (maggiormente presenti nel Centro-Nord).

Mentre fino al 2008 le donne rappresentavano la maggioranza dei disoccupati in Italia, dal 2009 la situazione si è invece ribaltata: gli uomini costituiscono ora la maggioranza (51,4%) dei senza lavoro. Un cambiamento che il rapporto spiega «perché la crisi recente, che ha determinato l’incremento dei flussi di nuovi disoccupati entrati negli stock, è stata soprattutto una crisi settoriale, concentrata nell’industria (manifatturiera e costruzioni)».

«Come noto – precisa – questi sono settori che impiegano in prevalenza uomini (questo è particolarmente evidente per le costruzioni), e quindi l’incremento della disoccupazione ha avuto una chiara caratterizzazione di genere».
Confrontando però la distribuzione per genere dei disoccupati con quella delle forze lavoro, si osserva come le donne, anche nel 2009, secondo il rapporto, restino sovrarappresentate tra i disoccupati: se, infatti, solo il 41% delle persone attive è donna, ben il 48,6% dei disoccupati lo è. In altre parole, l’incidenza della disoccupazione tra le donne resta più elevata anche dopo un anno in cui gli incrementi maggiori del numero di disoccupati si sono registrati tra gli uomini (+22,2% rispetto al 2008, mentre per le donne l’incremento è stato dell’8,5%). Le donne quindi, «al di là degli effetti strettamente congiunturali di un ciclo con una netta caratterizzazione settoriale (e di conseguenza di genere), continuano a scontare uno svantaggio strutturale di genere che le espone a maggiori rischi di disoccupazione».

Per quanto riguarda l’età, gli incrementi relativi maggiori, secondo il Cnel, si sono registrati nelle classi di età centrali (45-54 anni), dove i disoccupati sono cresciuti del 55% tra il 2007 e il 2009. In termini assoluti, invece, l’aumento più consistente del numero di disoccupati nello stesso periodo si è registrato nella classe 35-44 anni, peraltro la più numerosa all’interno delle forze di lavoro; tra il 2007 e il 2009, i disoccupati di tale classe d’età sono aumentati di 130mila persone, quasi un terzo dell’aumento complessivo.