Il ‘no’ di Spacca al ministro Maroni: “I Cie sono ai limiti della legalità”

Così il presidente della Regione Marche, Gian Mario Spacca, su mandato della giunta regionale, ha risposto in
una lettera al ministro dell’Interno Roberto Maroni il quale ha richiesto all’ente una valutazione sulla realizzazione di un Centro di identificazione ed espulsione nella regione. In una lettera indirizzata al presidente Spacca, il ministro ha annunciato l’intenzione di voler realizzare un Cie a Falconara Marittima chiedendo a Spacca una valutazione della proposta.

“La Regione Marche – ha scritto Spacca – ha da tempo manifestato perplessità e contrarietà alla costruzione nel proprio territorio di Centri di identificazione ed espulsione in cui accogliere temporaneamente gli stranieri sottoposti a provvedimenti di espulsione o
respingimento”.

Lo scorso 24 novembre, infatti, l’Assemblea legislativa delle Marche aveva approvato un ordine del giorno in cui si dichiarava che “il trattenimento dei cittadini immigrati in attesa di identificazione si è
rivelato essere un trattamento ai limiti della legalità, causa di dispersioni di famiglie e fenomeni di autolesionismo e suicidio, e che va comunque considerato lesivo dei diritti umani e fuorviante negli scopi che persegue”, impegnando di conseguenza la giunta a opporsi “nei modi e nelle forme stabilite dalla
Costituzione, alla realizzazione nelle Marche di centri di detenzione per migranti, quali i centri di identificazione ed espulsione, in cui la limitazione della libertà personale sia disposta al di fuori del medesimo quadro di garanzie previste per i cittadini italiani”.

Le perplessità maggiori si appuntano, secondo Spacca,
sulle attuali caratteristiche dei Cie, “carenti ad esempio di standard qualitativi gestionali, dove le persone vivono spesso in promiscuità, con insufficiente assistenza sanitaria, legale, sociale o psicologica”. Anche il tempo di permanenza nei Cie (fino a sei mesi) rischia di configurarsi, secondo il presidente della
Regione, “come il superamento dell’elemento di temporaneità tipico dei centri, con un aggravio di costi per lo Stato e una maggiore difficoltà a gestire i ‘conflitti’ dovuti alla restrizione della libertà personale degli
ospiti”.