Fiat: la produzione si sposterà da Torino alla Serbia

ROMA – Dopo Arese anche Mirafiori? L’annuncio fatto mercoledì da Marchionne dello spostamento della produzione industriale delle auto Fiat da Torino alla Serbia, ha lasciato attonito il mondo politico.


Il governo e la maggioranza hanno taciuto, fino al pomeriggio, quando prima il Governatore piemontese Cota e poi il ministro Calderoli hanno fatto sentire il loro grido di dolore. È poi intervenuto il ministro del lavoro, Maurizio Sacconi chiedendo l’apertura di un tavolo. Il ministro agli affari comunitari, Andrea Ronchi, ha detto: “Spero che sia una boutade estiva”.


Le opposizioni invece sono partite subito all’attacco sia di Marchionne, che del governo, con il segretario del Pd Bersani che ha chiesto la convocazione di un tavolo su tutti i dossier della Casa. Sin dalla mattina esponenti del centrosinistra hanno criticato l’annuncio di mercoledì: il parlamentare siciliano del Pd, Giuseppe Lumia, ha definito “ingiustificata” la delocalizzazione, nella quale è confermato l’abbandono di Termini Imerese.


“La paventata chiusura di Mirafiori, quella ormai certa di Termini Imerese non sono in linea con la nostra idea di imprenditoria moderna che bada sì ai profitti, ma nel rispetto dei diritti dei lavoratori”, ha detto Felice Belisario, capogruppo Idv in Senato, che ha criticato “l’assenza cronica di iniziativa da parte del governo”. “Un governo serio, che fa gli interessi generali del Paese, bloccherebbe ogni delocalizzazione e prenderebbe le difese dei sindacati”, ha affermato Oliviero Diliberto.


“Il premier e il ministro Sacconi assistono passivamente a un comportamento inaccettabile in qualunque altro Paese europeo” ha tuonato Stefano Fassina, responabile Pd per l’economia. Di “annuncio shock” ha parlato Francesco Boccia, coordinatore delle commissioni economiche del gruppo Pd alla Camera, che ha chiesto al premier Berlusconi di riferire in Parlamento, anche perché egli ricopre l’interim del dicastero competente, quello dello Sviluppo economico, che dovrebbe occuparsi delle politiche industriali del governo. Sprezzante Bersani, che ha detto di “non pretendere” che del dossier se ne occupi Berlusconi, perché “è impegnato nel frutteto, con le mele marce”. Per il segretario Democratico l’annuncio di Marchionne è “sorprendente” e davanti ad esso “non si può fare spallucce”; di qui la richiesta che il governo “convochi un tavolo” su tutti i dossier che ruotano attorno a Fiat, e cioè stabilimenti italiani ma anche l’indotto e la componentistica, che è un “patrimonio industriale del Paese”.


Il problema non è solo di livelli occupazionali, ma investe il sistema Paese. Punto sottolineato anche da Pier Ferdinando Casini, che ha espresso “fortissima preoccupazione” per una chiusura che sarebbe “un altro elemento di perdita di competitività del sistema”.
Dalla maggioranza non si è sentita la voce del Pdl, ma solo quella della Lega. Il Governatore piemontese ha ricordato all’Ad dell’Azienda che in un incontro pubblico si era impegnato ad aumentare i livelli dell’occupazione nella regione, ed ha chiesto un incontro con lui. A spalleggiare Cota è sceso in campo Calderoli: “La Fiat in Serbia? L’ipotesi ventilata da Marchionne non sta nè in cielo nè in terra. Se si tratta di una battuta, magari fatta per portare a più miti consigli i sindacati, sappia che comunque non fa ridere nessuno, diversamente sappia che troveranno da parte nostra una straordinaria opposizione”.


Da vedere se la Lega dopo aver speso la sua vocazione di lotta, saprà far valere il suo ruolo di governo. In serata il ministro Andrea Ronchi ha manifestato la preoccupazione per un annuncio che “assomiglia a una boutade estiva o a un modo per forzare la mano. Per questo – ha aggiunto – non mi sembra il caso di prenderla davvero in considerazione. Ovviamente se questa ipotesi dovesse concretizzarsi, la nostra opposizione sarebbe fermissima”.