Abolita autorizzazione delle Camere per i parlamentari

ROMA – Il ddl intercettazioni riceve il via libera in commissione Giustizia della Camera. E l’intesa raggiunta tra governo e finiani, recependo i suggerimenti del Colle, stravolge di fatto il testo licenziato dal Senato.
Passano diversi emendamenti con il ‘sì’ unanime dei poli, ma resta un importante “vulnus”, come lo definisce l’opposizione: il fatto che sia stata bocciata la legge Falcone (la n.203 del 91) che di fatto garantiva la stessa procedura d’indagine ‘facilitata’, prevista per i reati di mafia, anche nei casi di criminalità organizzata non mafiosa.


“E’ un fatto gravissimo – spiega il capogruppo Pd in commissione Donatella Ferranti – che renderà impossibile intercettare associazioni criminali dedite, ad esempio, a usura o reati contro la Pubblica Amministrazione”. E su questo il Pd chiederà in Aula il voto segreto.


Cade però un “privilegio” che era stato inserito a Palazzo Madama per i parlamentari intercettati. Grazie ad un emendamento dell’Udc (poi sottoscritto da Idv e Pd), viene soppressa la norma che prevedeva l’obbligo per il Pm di dover chiedere l’autorizzazione alle Camere di appartenenza ogni qualvolta, intercettando qualcuno, veniva ‘captato’ anche un deputato o un senatore.


“Viene eliminato cosí – commenta il centrista Roberto Rao – un privilegio pro-casta che ritenevamo ingiusto”. Soddisfatta per il risultato anche il presidente della commissione Giulia Bongiorno che aveva presentato una proposta di modifica per ridurre in parte, anche lei, gli effetti della norma. Tra le novità introdotte nel testo ci sono anche le sanzioni ridotte per gli editori (la massima è di 300mila euro anziché di 450mila) che dovranno rispondere solo della pubblicazione di intercettazioni “irrilevanti”: quelle estranee alle indagini o che riguardano terze persone.


Si riduce poi la pena per le registrazioni fraudolente, il cosiddetto ‘comma D’Addario’ (dal nome della escort che registrò a insaputa del premier un colloquio privato con lui): la pena è “fino a 6 anni” anziché da “sei mesi a quattro anni”.
“Il dovere dell’opposizione – commenta Rao – è quello di migliorare i provvedimenti e noi ci siamo impegnati” per rendere più potabile il ddl. La battaglia però continuerà in Aula.


Decisamente più critico il commento del leader dell’Idv Antonio Di Pietro che lo definisce un progetto di legge “salva-Cricca” e “criminogeno”. Il sottosegretario alla Giustizia Giacomo Caliendo, che ha sempre presidiato i lavori della commissione nonostante gli attacchi e le polemiche per la vicenda giudiziaria che lo riguarda, rivendica il ruolo esercitato dal governo che è riuscito a trovare comunque “un punto di equilibrio” in una trattativa piuttosto complicata. Il testo ora è atteso nell’Aula di Montecitorio per il 29 luglio.


“Cosí come avevano previsto – osserva il capogruppo del Pdl Enrico Costa – siamo riusciti a terminare i lavori per tempo. Ora si potrà benissimo approvarlo entro la prima settimana di agosto”. E infatti il ministro degli Esteri Franco Frattini ribadisce quanto sostenuto mercoledì e ieri dal Guardasigilli Alfano: “Dobbiamo votare il testo prima della pausa estiva”, osserva. Però, replica il finiano Italo Bocchino, “votare entro l’estate non sarebbe un bel segnale per i cittadini”, tenere aperto il Parlamento perché si deve fare la legge sulle intercettazioni, osserva, sembrerebbe quasi che lo si faccia “per fare una cosa che interessa” solo alla maggioranza.