Pdl: è scontro aperto con i finiani

ORVIETO – Adesso deve essere Gianfranco Fini a parlare. Il convegno di Gianni Alemanno si chiude con un messaggio diretto al presidente della Camera: le accuse di Fabio Granata non possono essere “più ignorate”.
Già perché è sempre il vicepresidente della commissione Antimafia di stretta osservanza finiana ad essere preso di mira della maggioranza del Pdl.

Se ad aprire l’ultima giornata di lavori è stato il messaggio di Silvio Berlusconi in cui il premier chiede di mettere un freno “alle contrapposizioni delle correnti” e si dice d’accordo con la proposta del primo cittadino della Capitale di tenere i congressi locali del partito, le parole di Granata irrompono presto nella discussione così come a spiazzare la platea è la proposta di Ignazio La Russa di chiedere a Gianfranco Fini di entrare nel governo come ministro dello Sviluppo Economico lasciando lo scranno più alto di Montecitorio.
Proposta subito respinta al mittente da Viespoli e Moffa: allo sviluppo? sì, del PdL.

Il caso Granata

Quanto al ‘caso Granata’ il discorso è ormai chiaro: che il finiano sia considerato come un ‘avversario’ e non un collega di partito non sfugge più a nessuno tanto che è sempre La Russa a fare una richiesta precisa: “Chieda scusa oppure lasci il partito”.

Il ministro della Difesa è esplicito: “L’amico Fabio deve fare nomi e cognomi ed offrire indizi forti sui pezzi del governo che starebbero ostacolando la lotta alla mafia ed in quel caso – precisa – sarei io a lasciare il Pdl”.
Una richiesta quella del coordinatore a cui Granata replica tranchant: “Non ho nulla di cui scusarmi”, chiarisce il finiano chiamando poi in causa Alfredo Mantovano, sottosegretario all’Interno e prendendosela con il suo diniego a concedere il regime di protezione al pentito Gaspare Spatuzza. Parole che scatenano l’ira dello stesso Mantovano ed il putiferio nelle file del Pdl e tra gli ex An.

“Le parole di Granata sono di una gravità assoluta” grida dal palco di Orvieto il sottosegretario all’Interno accompagnato dall’applauso della platea “ora – è la richiesta di Mantovano – da componente della Camera esigo che ad esprimersi sia Gianfranco Fini”.
Che ormai la convivenza tra Granata e la maggioranza del Pdl sia diventata assai complicata lo mette in chiaro anche il sindaco di Roma: “A meno di ripensamenti dell’ultima ora – ragiona il primo cittadino della Capitale – è ora che Granata vada a farsi un giro fuori” dal Pdl.

Una presa di posizione che si associa alla richiesta che sia anche l’ex leader di An a dire la sua: “Se Fini lo sconfessasse – sottolinea – sarebbe certamente un segnale importante per la ripresa del dialogo nel Pdl”.
Il presidente della Camera ufficialmente per ora resta in silenzio anche se dagli uomini a lui più vicini non mancano dichiarazioni di apprezzamento per il lavoro svolto da Mantovano: “Ha la mia stima personale e politica” ci tiene a ribadire Andrea Ronchi mentre Italo Bocchino e Adolfo Urso invitano tutti ad “abbassare i toni” chiarendo che “Mantovano e lo stesso Granata sono dalla stessa parte e cioè quella della legalità”.

Impossibile archiviare

Difficilmente però si può ipotizzare che il ‘caso’ venga archiviato. Se sabato dallo stato maggiore del partito arrivava la richiesta, da più parti, di far ‘giudicare’ Granata dai probiviri del Pdl, ieri è il sindaco di Roma a far capire che partito, governo e Parlamento non possono piu’ “ignorare” quello che dice il vice presidente della commissione Antimafia.

E in serata un severo commento contro Granata giunge dall’ esterno del Pdl: è del ministro degli Interni Roberto Maroni, leghista che esprime “piena solidarietà al sottosegretario Alfredo Mantovano, oggetto di ignobili insinuazioni”.