Internet e blog, ultimi giorni di libertà

ROMA – In settimana la Camera darà il via libera alla legge sulle intercettazioni e se tutto dovesse andare come previsto dal Governo, per i blog in generale e per i video blog in particolare si potrebbe aprire un periodo piuttosto travagliato.


La parte della legge che riguarda i blog particolarmente da vicino è contenuta nel comma 29 che recita: “Per i siti informatici, ivi compresi i giornali quotidiani e periodici diffusi per via telematica, le dichiarazioni o le rettifiche sono pubblicate, entro quarantotto ore dalla richiesta, con le stesse caratteristiche grafiche, la stessa metodologia di accesso al sito e la stessa visibilità della notizia cui si riferiscono”.
In pratica, il comma in questione sottopone ogni sito web, blog, forum, pagina Facebook, canale YouTube, wiki, all’obbligo di rettifica previsto per le testate giornalistiche.


Questo presuppone che se a qualcuno non va bene qualcosa che è stato scritto sul web, se ritiene falsa o tendenziosa una frase o pensa che una opinione ecceda il diritto di critica, potrà contattare l’amministratore del sito ingiungendo di pubblicare la sua versione dei fatti. Nel momento in cui nella casella di posta del gestore del blog arriverà una simile comunicazione, avrà 48 ore per pubblicare la rettifica. Scaduto questo termine, non avendo rispettato la legge, il blogger rischia una multa fino a 12mila euro.


La situazione è ancora più complicata (e dispendiosa) soprattutto per quanto riguarda le web tv ed i video blogger italiani i quali, oltre ad essere comunque assoggettati al solito obbligo di rettifica con le implicazioni già descritte, in base alla nuova regolamentazione, dovranno chiedere all’Agcom un’autorizzazione (o almeno indirizzare una dichiarazione di inizio attività) e versare 3000 euro per il rimborso delle spese di istruttoria.
La situazione oltre che piuttosto complicata sembra abbastanza velleitaria.

A più riprese Governo e politica hanno infatti tentato di interferire con la rete senza conoscerne le regole e la struttura e tutte le volte il tentativo si è tradotto in una umiliante disfatta. Ricordiamo ad esempio la pessima figura realizzata in occasione del costosissimo Portale Italia o i numerosi tentativi di regolamentare in qualche modo un mondo che per sua natura rifugge qualsiasi forma di regola, tranne quelle che spontaneamente sono andate a definirsi e che tacitamente vengono rispettate dai suoi componenti. Insomma, non ci riesce la Cina sembra difficile che possano riuscirci i nostri politici.


Anche in questo caso quindi, il risultato che si profila all’orizzonte sembra ricalcare quanto accaduto in passato, candidandosi all’ennesimo flop. Insomma, una nuova legge che il prossimo Ministro alla semplificazione normativa potrà buttare tranquillamente alle ortiche.


E’ di questi giorni infatti la notizia che in Islanda è stata “approvata una legge che garantisce uno ‘scudo’ quasi totale a chi metterà su Internet segreti militari, giudiziari, societari e di Stato di pubblico interesse. I blogger saranno protetti dai processi. Sarà difesa la libertà d’espressione”. E così la piccola isola del Nord d’Europa potrebbe diventare il bunker del giornalismo d’inchiesta. Se documenti sottratti per un interesse pubblico saranno immessi in Internet da un server con base in Islanda, la giustizia dell’isola non potrà impedirne la divulgazione, tentare di scoprire chi li abbia rivelati, dare seguito a condanne comminate da tribunali esteri in base a leggi contrarie alle norme islandesi.


Chi volesse quindi divulgare intercettazioni dal contenuto significativo non dovrebbe fare altro che mandare le fotocopie del documento originale ad un sito specializzato nella divulgazione di segreti (il più seguito, Wikileaks.org che ha la base ufficiale in Islanda). Per posta, ad uno degli indirizzi indicati nel sito Wikileaks; oppure via Internet attraverso il software Tor, gratuito, che costruisce un gioco di carambole tra computer e rende difficilissimo identificare il mittente. Il personale di Wikileaks verificherebbe l’autenticità del documento attraverso i suoi collaboratori in Italia, e tempo qualche giorno o qualche settimana, lo metterebbe in rete.
Se così facilmente raggirabile, servirà quindi a qualcosa l’obbligo di rettifica per il web imposto nella ‘legge bavaglio’?