Per Maradona un addio amaro all’albiceleste

BUENOS AIRES – Un ‘adios’ amaro, una tappa che si chiude, un nuovo capitolo nella movimentata vita, sui campi di calcio e fuori, di Diego Armando Maradona. Una svolta, certo meno spericolata e rischiosa di altre. Da ieri, l’eterno ‘pibe de oro’ non è più il ct dell’Argentina, sulla scia di una vicenda iniziata in Sudafrica con la goleada con la quale la Germania affondò, e mandò a casa, la ‘Seleccion’.


Ancora una volta – anche nel cortocircuito di questi giorni con la federcalcio argentina, e con il suo eterno presidente e ‘patron’, Julio Grondona – Diego ha dimostrato che non è un uomo comune, così come ha fatto in fondo durante tutta la sua esistenza, fin da pochi anni dopo la nascita (nell’ottobre del 1960).
In attesa di sapere i dettagli delle ragioni profonde dell’addio alla caldissima panchina dell’albiceleste (lite con Grondona, sui collaboratori e non solo? Problemi con il governo argentino?), c’é di certo che da oggi per Diego si apre una nuova tappa, i cui sviluppi sono per ora indecifrabili.


Una fase che forse aggiungerà un nuovo fallimento, dopo la debacle sudafricana, oppure un ennesimo risultato lusinghiero ad un curriculum vitae anch’esso fuori dal comune. Due scudetti a Napoli, nell’87 e nel ‘90, più una Coppa Uefa e una Supercoppa italiana, oltre al ‘mundial’ messicano dell’86 e la finale persa a Roma con l’Argentina in Italia ‘90, dopo la semifinale di Napoli contro gli azzurri. Tutto per 705 partite ufficiali e 358 gol, dal momento, nel lontano 1976, del debutto in prima divisione con la maglia dell’Argentinos Juniors.


Al di là dei numeri, il ‘pibe’ ha fatto sognare milioni di argentini, ormai per più generazioni: per esempio con ‘la mano de dios’ e quella indimenticabile vittoria contro l’Inghilterra in Messico, quasi una vendetta contro Londra dopo la disfatta dei militari di Buenos Aires nella guerra Malvinas-Falkland.


Ha fatto anche piangere e arrabbiare, e non solo gli argentini, per il suo vizio della dipendenza dalla droga e per la morte sfiorata, i centri di disintossicazione, i problemi di peso (risolti con un bypass gastrico). Oppure per i guai con il fisco italiano e per il figlio mai riconosciuto a Napoli. Amico di Fidel Castro, nemico di Washington e dei Bush. Sul piano personale, negli ultimi mesi – anche in Sudafrica – Diego è apparso sempre di più vicino alle figlie. Giannina, la più piccola delle sue due ‘hijas’, le ha dato un bambino che lo fa impazzire, quasi come le giocate che il padre di Benjamin, il bomber ‘Kun’ Aguero, sa disegnare nella nazionale e nell’Atletico Madrid.

Anche in questi ultimi anni, dopo l’addio al calcio giocato nel 1997, Diego ha dato milioni di dichiarazioni, è una vera calamita per i media di tutto il pianeta, ha presto tante decisioni giuste e sbagliate, ed ha portato avanti una carriera e una personalità comunque unica. Avendo sullo sfondo, sempre e dappertutto, un unico palcoscenico: il calcio.