Assad e re Abdullah in Libano per la stabilità del Medio Oriente

Un passo verso la stabilità del Libano e di tutta la regione mediorientale. Era questo il senso dalla storica visita congiunta di Bashar Assad e re Abdullah dell’Arabia Saudita a Beirut. Per il presidente siriano si tratta della prima visita dal 2005, quando ebbe fine la trentennale presenza dell’esercito siriano nel paese dei Cedri e quando fu ucciso Rafik Hariri, l’ex primo ministro siriano padre dell’attuale premier libanese, Saad.

Da
allora il Libano ha cercato di uscire dalla tutela siriana facendo i conti, soprattutto, con la presenza in patria dell’alleato di Damasco, ovvero lo sciita Hezbollah, il “Partito di Dio” che controlla militarmente il sud del paese ed esercita al centro un peso politico in grado di condizionare le scelte del governo di unità nazionale, di cui fa parte.

La stessa nascita dell’esecutivo, secondo gli analisti, fu possibile lo scorso novembre dopo cinque mesi di impasse e il via libera sia di Riad, protettrice politica dei sunniti di Saad Hariri, sia del
vicino siriano. È per questo che assume rilevanza la visita dei due capi di Stato, ricevuti dal presidente libanese, Michel Suleiman, un generale cristiano maronita che occupa la carica proprio nel
nome della particolare distribuzione dei poteri in Libano, sancita dagli accordi di Taif, che ripartiscono gli alti incarichi in base alla rappresentanza dei gruppi religiosi più importanti del Paese (presidente del Parlamento è un musulmano sciita).

A rendere urgente il viaggio di Abdullah e Assad, forse, è anche un peggioramento del quadro politico-militare nel sud. Nei giorni scorsi il leader di Hezbollah ha respinto le accuse del Tribunale internazionale chiamato a giudicare sulla morte di Hariri, che potrebbe incriminare alcuni membri di Hezbollah, e fonti diplomatiche e militari asseriscono che la relazione tra Hezbollah e Teheran è più che mai felice.