Caliendo, la Camera respinge la sfiducia

ROMA – Con 299 no, 229 si e 75 astenuti la Camera salva il sottosegretario alla Giustizia Giacomo Caliendo dalla sfiducia proposta da Pd e Idv. L’esordio parlamentare del nuovo gruppo ‘’Futuro e Libertà’’ è all’insegna dello scontro. L’esame della mozione presentata da Pd e Idv per ottenere le dimissioni di Caliendo è l’occasione per esasperare il braccio di ferro con i berlusconiani. E la tensione è palpabile. Per ben due volte, durante i lavori d’Aula, i deputati delle due ‘fazioni’ arrivano quasi alle mani. La prima, per ‘colpa’ di una battuta di Peppino Calderisi che, rivolgendosi a un finiano che batte le mani per l’intervento di Manlio Contento (Pdl) gli domanda: «Anche tu applaudi?».

Il secondo episodio ha come protagonisti Aldo Di Biagio (FLI) e Marco Martinelli (PDL). Quest’ultimo, al termine di un’animata discussione getta la scheda parlamentare in faccia all’ex collega di partito e da lì ne nasce una ‘quasi-rissa’. I due, prima, raggiungono una porta laterale dell’emiciclo con l’intento di darsele di santa ragione. Poi, bloccati dai commessi, si danno appuntamento nel cortile per continuare il diverbio. Alla fine il gesto delle mani allargate, con gli indici che convergono verso il basso e i pollici alzati, fa capire a che punto è arrivato il livello della discussione.


– Ma questo – commenta un deputato ex An – non è che l’inizio. Continuare così non avrebbe senso. Vedrete, si andrà presto al voto.


E sebbene il ministro delle Riforme, Umberto Bossi, assicuri che il governo andrà avanti («Resistiamo, non si vota»), il leader del Pd Pierluigi Bersani e il capogruppo alla Camera Dario Franceschini sono certi:
– Da oggi non c’è più la maggioranza.


E i conti, per il momento, gli danno ragione: con i risultati del voto la maggioranza di 316 voti, da oggi viene meno. Per ‘colpa’ di 17 voti. Ma è anche dall’eccesso di ‘tifoseria’ che si percepisce il malessere. Sotto lo sguardo compassato del presidente della Camera Gianfranco Fini, i deputati del Pdl, già in piedi per applaudire davanti in diretta Tv il capogruppo Fabrizio Cicchitto, tributano al premier una ‘standing ovation’ con tanto di cori ‘Silvio! Silvio!’. Lui, si alza e con il braccio destro, in una sorta di ‘saluto romano’ (come lo definisce l’Idv) sorridente ringrazia. I finiani, invece, restano immobili ai propri banchi. La Lega non vuol essere da meno e, terminato, il ‘coretto-pro-Silvio’ anche loro si alzano in piedi per intonare un identico, cantalenante ‘Bossi! Bossi!’.


Concluso il siparietto, le due berlusconiane ‘doc’, Jole Santelli e Maria Rosaria Rossi, contente per la riuscita dell’ esibizione, ridendo, battono a braccia tese il ‘doppio-cinque’ sopra la testa di un collega che le guarda divertito. Serio, invece, lo sguardo di Fini che, dopo aver tolto la seduta, si alza e se ne va. Senza che tra lui e Berlusconi si alzi un solo sguardo. In Aula il clima è teso anche per l’intervento del Guardasigilli Angelino Alfano che, dopo aver difeso a spada tratta il suo sottosegretario, dichiara che «probabilmente la P3 è solo il frutto di una costruzione dei Pm» prendendosela così con «certa sinistra che si basa su tale ricostruzione».


– Non si era mai visto – commenta Franceschini – un ministro della Giustizia che esprima in Parlamento un giudizio su indagini in corso.


Ma il voto sulla mozione è un banco di prova anche per la tenuta dell’asse Fini-Casini e per il loro patto di ‘astensione’. Il leader dell’Udc rifiuta ogni ‘vecchia etichetta’ affermando che la nascita di un gruppo come quello dei finiani è qualcosa di nuovo, destinato a «incidere sul resto della legislatura». Caustica l’analisi di Di Pietro che, dopo aver ricordato come Caliendo risultasse già tra gli iscritti della P2 (leggendo un passo della relazione Anselmi), attacca i finiani: la scelta di astenersi, osserva, «dimostra che sono dei pavidi che hanno paura delle urne».